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Bain Capital Credit approfitta delle quotazioni ai minimi e si compra il 10% di doValue

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Schermata 2020-04-29 alle 19.49.37

Schermata 2020-04-29 alle 19.49.37Bain Capital Credit, tramite la controllata Sankaty European Investments sarl, ha comprato in più tranche sul mercato nelle scorse settimane il 10% del capitale (8 milioni di azioni) doValue, il servicer di credito quotato a Piazza Affari, che una volta era la piattaforma di gestione dei crediti deteriorati di Unicredit.  Il nuovo assetto azionario è pubblicato in bella vista sul sito internet di doValue.

L’ultima operazione è stata comunicata a Consob lo scorso 17 aprile. Secondo quanto risulta a BeBeez,  è stata condotta in puro spirito di trading, viste le basse quotazioni di doValue, affossate dalla crisi da coronavirus.  Ieri il titolo ha chiuso con un balzo del 5,69% a 7,06 euro per azione, per una capitalizzazione di 557,4 milioni di euro, dopo aver toccato un minimo a 5,06 euro il 20 marzo. Il 23 aprile, invece, il titolo aveva chiuso a 6,08 euro.

A fine 2019 il valore del portafoglio gestito dal gruppo nei 5 mercati di attività (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Cipro) era pari a 131,5 miliardi lordi, in aumento dagli 82,2 miliardi di fine 2018 (si veda qui il comunicato stampa), e incluso l’apporto della spagnola Altamira Asset Management, acquisita nel gennaio 2019 (si veda altro articolo di BeBeez).

Il titolo doValue a PIazza Affari

Il titolo doValue a Piazza Affari

Nel corso dell’anno, il portafoglio gestito ha visto la presa in carico di oltre 13 miliardi di euro di nuovi mandati, siglati a partire dalla seconda metà del 2018, con l’inclusione di nuovi clienti banche e investitori in tutti i principali mercati. Il valore del portafoglio gestito a fine 2019 non include il mandato siglato con Alpha Bank a Cipro, pari a circa 4,3 miliardi oltre alla previsione di flussi futuri, che porterebbero il portafoglio gestito a 135,8 miliardi.

L’esercizio 2019 si è chiuso con ricavi lordi per 363,8 milioni (+56% dai 233,1 milioni del 2018), ricavi netti  per 323,7 milioni (+54% da 209,6 milioni) e un ebitda rettificato di 140,4 milioni (+62% da 86,5 milioni) pari a un margine del 39% (dal 37% del 2018).

Per Bain Capital Credit si tratta della seconda operazione dell’anno in Italia, dopo l’acquisizione di 13 immobili (si veda qui il comunicato stampa). Il portafoglio comprende cinque uffici in sedi secondarie a Milano, Roma e Bologna, per un totale di 65.000 metri quadrati, acquisiti da fondi gestiti da Amundi sgr per 94,65 milioni di euro. (si veda altro articolo di BeBeez). Sono stati inoltre acquisiti da Covivio sei uffici a Milano e due centri commerciali in provincia di Milano e in Molise,  tramite il fondo Chronos, gestito da Kryalos sgr,  istituito nel novembre 2019 e sottoscritto interamente da Bain Capital Credit (si veda altro articolo di BeBeez).

Tali acquisizioni fanno seguito all’operazione Immobiliare Stampa, che lo scorso novembre 2019 ha visto Bain Capital Credit acquisire un portafoglio di oltre 200 asset immobiliari in sei regioni italiane per 200 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).

A seguire tutte queste operazioni è stato Fabio Longo, managing director e responsabile europeo di Non-Performing Loan & Real Estate di Bain Capital Credit. Il gruppo ha acquisito e gestisce oltre 3.500 asset immobiliari italiani per un valore complessivo superiore a 4 miliardi di euro attraverso i suoi investimenti sia nel settore immobiliare sia nei mercati distressed. In Italia nel settore credito Bain Capital Credit agisce tramite la piattaforma operativa Aquileia Capital Service, la ex Heta Asset Resolution Italia (Harit), la bad bank di Hypo Alpe-Adria Bank comprata nel febbraio 2017 (si veda altro articolo di BeBeez).



Kryalos cede un immobile a Torino per 60 mln di euro

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Gramsci_Torino

Gramsci_TorinoIl fondo immobiliare chiuso Perseus, gestito da Kryalos sgr e sottoscritto interamente da Attestor Limited, ha venduto un immobile in via Gramsci 7 a Torino per 60 milioni di euro (si veda qui il comunicato stampa). Il fondo acquirente ha inoltre selezionato Kryalos come partner per la successiva valorizzazione dell’immobile, tramite riconversione degli spazi a uso uffici e riqualificazione degli appartamenti esistenti, in modo da posizionarli tra i più alti standard di mercato.

L’immobile, che era stato acquisito da Kryalos nel settembre 2018, si estende tra via Roma, via Gramsci e via Amendola, nel cuore del centro storico del capoluogo piemontese, a pochi passi dalle principali attrazioni turistiche della città, come piazza San Carlo, il Museo Egizio e stazione di Torino Porta Nuova. Si tratta di un edifico di grande prestigio, risalente al 1937, composto da 2 piani interrati e da 7 piani fuori terra per una superficie complessiva di 21.538 mq. Il piano terra è ad uso retail con unità commerciali locate a primari marchi di moda, mentre i piani fuori terra sono ad oggi ad uso residenziale e uffici.

“Questa operazione rientra nella strategia di valorizzazione del patrimonio immobiliare del Fondo Perseus e ci ha permesso di ottenere un ottimo rendimento per il nostro investitore in un anno e mezzo di gestione, attraverso un asset management attivo e progetti di miglioramento mirati ad accrescere il valore dell’investimento. Si tratta inoltre di un deal di assoluto rilievo per il mercato immobiliare torinese”, ha affermato Paolo Bottelli, amministratore delegato di Kryalos sgr.

Kryalos sgr fa parte del gruppo Kryalos, fondato dall’ad Paolo Bottelli, che opera nel settore del fund management, asset management e advisory. Nel dicembre 2018 il fondo americano Blackstone ha siglato un accordo per comprare il 35% di Kryalos Investments srl, la holding che controlla al 100% Kryalos sgr e Kryalos Asset Management (si veda altro articolo di BeBeez). Il closing è stato poi siglato a maggio 2019, dopo l’ok di Banca d’Italia (si veda altro articolo di BeBeez). La sgr gestisce immobili per 6,5 miliardi di euro tramite 41 fondi, oltre a 10 mandati di gestione. Nel 2019 Kryalos ha conseguito ricavi per 22,6 milioni (+58%) e un ebitda di 11,1 milioni (+59%), a fronte di una posizione finanziaria netta salita del 46% a 5,4 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). In Italia, è il primo proprietario di logistica, sia tradizionale che di ultimo miglio e ha una presenza rilevante nel segmento uffici, prevalentemente a Milano (2 miliardi) e Roma.

La sgr attualmente sta studiando il mercato di crediti Npl e Utp e punta a salire a 8 miliardi euro di asset in portafoglio entro il 2021 (si veda altro articolo di BeBeez).  Kryalos nel febbraio scorso ha concluso la riqualificazione della ex sede della T.I.B.B. (Tecnomasio Italiano Brown Boveri), situata in Piazzale Lodi 3 a Milano (si veda altro articolo di BeBeez) e rilevato 7 immobili logistici dalla bergamasca Fcf Cornali Autotrasporti (si veda altro articolo di BeBeez). A inizio marzo 2020 Kryalos ha ceduto a DeA Capital Real Estate sgr spa un portafoglio di immobili dislocati tra Milano e Roma per oltre 122 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).

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Hines compra l’area ex Trotto di San Siro a Milano. Investirà 350 mln di euro in 4 anni per riqualificarla

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ex trotto san siro

ex trotto san siroIl fondo americano Hines ha comprato ll’area ex Trotto ed ex centro di allenamento di San Siro a Milano (si veda qui il comunicato stampa). L’area è stata acquisita attraverso il fondo immobiliare Invictus, istituito e gestito da Prelios sgr. A vendere è stata Snaitech, operatore leader in Italia nel comparto del gioco legale.

Nell’operazione, Hines è stata assistita da Chiomenti; Belvedere Inzaghi & Partners e Gattai, Minoli, Agostinelli & Partners. Vitale & Co ha ricoperto il ruolo di advisor finanziario mentre EY ha seguito le tematiche fiscali. KPF ha curato il masterplan, assistita da Starching in qualità di Local Architect, da Land in qualità di paesaggista e da Freyrie Flores Architettura. Prelios Integra ha coordinato invece gli aspetti progettuali congiuntamente a Perelli Consulting.  Infine, le attività tecnico ambientali sono state seguite da REAAS mentre quelle relative a mobilità e traffico da MIC – Mobility in Chain.

L’area ex Trotto di san Siro, con una superficie di 150 mila mq, è stata dismessa dal punto di vista sportivo dal 2013 e sarà trasformata in un progetto a destinazione mista, prevalentemente residenziale. Una prima proposta di sviluppo includerebbe un parco di oltre 30.000 mq, coerente con la vocazione verde del quartiere, e un’offerta residenziale con un’importante quota in affitto a canoni concordati, entrambi in linea con la visione strategica di Hines. L’iniziativa comporterà un investimento di circa 350 milioni di euro nei prossimi 4 anni.

Nata dall’integrazione tra Snai ed il Gruppo Cogemat/Cogetech, Snaitech dall’estate 2018 è interamente controllata dal gruppo Playtech PLC, quotato al London Stock Exchanger e controllato dall’imprenditore israelo-cipriota Teddy Sagi. Snaitech è proprietaria del comprensorio ippico di Milano (che comprende l’Ippodromo Snai San Siro e l’Ippodromo Snai La Maura) e dell’Ippodromo Snai Sesana a Montecatini Terme. L’integrazione delle attività di Cogetech spa con quelle di Snai spa era avvenuta nel novembre 2015 (si veda altro articolo di BeBeez), attraverso un aumento di capitale sociale di Snai, sottoscritto dai soci di Cogemat spa (holding di Cogetech) apportandovi il 100% della stessa Cogemat. Entrambe le società allora erano partecipate da Investindustrial, che controllava Snai insieme a Vei Capital (tramite Global Games spa) e che controllava Cogetech insieme a Orlando Italy (tramite Cogemat, che a sua volta faceva capo a OI Games sa e OI Games 2 sa).

L’operazione conferma l’attenzione di Hines verso il settore living, che si declina in student-housing, multifamily e senior housing, nonché il focus su Milano, città nella quale Hines ha investito circa 3 miliardi di Euro in progetti di riqualificazione rivolti ad edifici storici del centro, studentati e ampie aree di rigenerazione urbana.

Lars Huber, ceo di Hines Europe, ha commentato: “Questo è un importante investimento nel futuro di Milano. Faremo leva sulla nostra esperienza nella rigenerazione urbana e nei progetti di sviluppo residenziale in Europa e nel mondo, lavorando con autorità e partners locali grazie al nostro team in Italia, per creare una nuova comunità dinamica e sostenibile. Il nostro investimento nella città di Milano consolida la nostra strategia, ovvero essere leader in Europa nei principali progetti urbani di sviluppo residenziali e a destinazione mista, mantenendo una forte presenza sul territorio in località strategiche”.

Mario Abbadessa, senior managing director e country head per il gruppo in Italia ha aggiunto: “Questa operazione che rappresenta per noi un passo importante nello sviluppo urbano di Milano, secondo la nostra filosofia di investimento di lungo periodo basata sul living e sull’affitto. Ritengo che la grave emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia e tutto il resto del mondo rafforzerà l’attività di investimento nel real estate di soggetti con un orizzonte temporale di lungo periodo e una visione di cambiamento verso una nuova normalità, in cui la componente di affitto e i servizi alle famiglie saranno i punti rilevanti”.

Fabio Schiavolin, amministratore delegato di Snaitech, ha dichiarato: “Hines ha un ottimo track record di successi, ed è certamente il soggetto ideale per valorizzare e restituire alla città un’area inutilizzata che da molto tempo non è più adibita ad attività sportive. Parallelamente noi continueremo a lavorare per dare seguito alla straordinaria tradizione ippica della città e del quartiere di San Siro. Snaitech proseguirà nel forte impegno per il rilancio di questo sport, puntando in primis sulle proprie strutture di eccellenza. Ricordiamo che l’Ippodromo Snai San Siro dal 2016 ha registrato complessivamente oltre 800 mila accessi, diventando un modello nazionale di come attraverso un palinsesto di eventi complementari si possano rilanciare l’ippica e gli ippodromi.”

Hines è una società di investimento immobiliare globale fondata nel 1957 con una presenza in 205 città in 24 paesi. Vanta circa 133,3 miliardi di USD di asset in gestione, di cui 71 miliardi per i quali svolge il ruolo di investment manager, includendo anche non-real estate assets, e 62,3 miliardi per i quali fornisce servizi di property management a terze parti. Hines ha attualmente 165 progetti di sviluppo in corso in tutto il mondo. Storicamente, la società ha sviluppato, riqualificato o acquisito 1.393 immobili, per un totale di quasi 43 milioni di metri quadrati. L’attuale portafoglio di property e di asset management comprende 539 immobili, per un totale di oltre 21 milioni di metri quadrati. Dall’ingresso in Europa nel 1991, Hines ha ampliato la sua piattaforma europea in modo da avere uffici in 16 città, ed essere presente in 49 città in 11 paesi, con un totale di asset under management di 20,9 miliardi di euro in Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito.

In Italia, Hines punta su uffici ed edifici commerciali a Milano e Firenze, con investimenti per 700 milioni di euro complessivi. Questo mese il fondo americano ha ceduto a Deka Immobilien l’immobile di via Orefici 13 Milano per una cifra attorno ai 210 milioni di euro, secondo più fonti (si veda altro articolo di BeBeez). Nel febbraio scorso il fondo americano ha comprato da Cdp l’ex teatro comunale in via Solferino a Firenze per 100 milioni di euro: 25 milioni per l’edificio, cui se ne sommano altri 75 per la riqualificazione  (si veda altro articolo di BeBeez). Nel gennaio di quest’anno, tramite il fondo di investimento immobiliare di nuova costituzione HEVF 1 Milan 1 Fund,  gestito da Prelios sgr e sottoscritto interamente da  HEVF 1, Hines ha finalizzato il contratto preliminare per l’acquisizione della Torre Velasca di Milano (si veda altro articolo di BeBeez).

 

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La fintech Ebury erogherà alle pmi prestiti garantiti tramite Garanzia Italia

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ebury-1080x675

ebury-1080x675Ebury, scaleup fintech britannica che assiste le aziende in tutte le principali operazioni che comportano trasferimento di denaro all’estero, erogherà alle pmi italiane prestiti garantiti dalla Garanzia Italia di Sace (si veda qui il comunicato stampa), con la quale la fintech aveva siglato una partnership commerciale nel settembre 2019 (si veda altro articolo di BeBeez).

Ebury è la prima società fintech ad aver ottenuto l’approvazione per Garanzia Italia. La partecipazione della fintech a questo progetto segue l’annuncio del lancio di finanziamenti alle pmi in Regno Unito ed Europa, con uno stanziamento iniziale di 40 milioni di sterline, da dedicare al finanziamento del circolante di pmi colpite dalla crisi legata al coronavirus, che è già stato reso disponibile. Nelle scorse settimane, Ebury aveva ottenuto l’autorizzazione dai governi di Olanda e Spagna a prendere parte alle misure di sostegno alle aziende contro il coronavirus, mentre il processo è in fase di approvazione nel Regno Unito e in altri paesi.

Juan Lobato, ceo di Ebury: ha spiegato: La corsa ai finanziamenti alle pmi europee è una parte cruciale della risposta dei governi alla crisi del coronavirus, che sta mettendo a rischio migliaia di aziende. Siamo orgogliosi di poter aiutare la comunità delle pmi italiane e il governo tramite l’erogazione di finanziamenti durante questo sforzo collettivo. Ebury è stata fondata subito dopo la crisi finanziaria del 2008 e la nostra flessibilità operativa ci rende un partner ideale dei governi nella distribuzione di aiuti finanziari alle piccole imprese in tutta Europa.”

La fintech è stata lanciata a Londra nel 2009 dall’imprenditore seriale Juan Lobato e dall’esperto di servizi finanziari Salvador Garcìa. Grazie a Ebury, le aziende possono accedere a una piattaforma globale per effettuare pagamenti transfrontalieri, ricevere incassi internazionali, gestire il rischio valutario e accedere a finanziamenti. La società conta circa 1.100 dipendenti in 20 paesi e oltre 45 mila aziende clienti. Ebury in Italia ha sede nel Fintech District di Milano.

La società dal novembre 2019 è controllata da Banco Santander, che ha acquisito il 50,1% della fintech per 400 milioni di euro, di cui circa 80 milioni a supporto dei piani di espansione della fintech in nuovi mercati in America Latina e Asia. La banca prevede un ritorno sul capitale investito (RoIC) superiore al 25% nel 2024. L’investimento rientra nella strategia digitale di Banco Santander, che vuole accelerare la crescita attraverso le startup, rafforza l’offerta di servizi commerciali globali e permetterà a Santander di consolidare ulteriormente la sua posizione come banca al fianco delle pmi che esportano o che aspirano a espandersi a livello internazionale in Europa, Nord America, Sud America e in Asia (si veda qui il comunicato stampa). Tra i finanziatori di Ebury, rientrano anche 83North (che ha già investito in  in iZettle, Celonis, JustEat); Vitruvian Partners (già investitori in Farfetch, Skyscanner, Darktrace, Marqeta); British Business Bank tramite il proprio fondo Angel CoFund. Ebury è guidata dall’ad Juan Lobato e presieduta da Sergio Rial, che è anche ad di Santander Brasil. La scaleup fintech nell’ottobre 2019 ha rilevato il fornitore inglese di servizi di pagamento Frontierpay (si veda qui il comunicato stampa).


L’intimo di lusso La Perla sospende i suoi obiettivi di fatturato ed ebitda, causa coronavirus. Sempre in attesa dell’aumento di capitale

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la-perlaIl marchio italiano di intimo di lusso La Perla, quotato a Euronext Growth, a causa dell’emergenza sanitaria legata al coronavirus mette in stand-by il raggiungimento dei suoi obiettivi già dichiarati per il 2020 e cioé un fatturato superiore a 130 milioni di euro e  un ebitda positivo, e l’obiettivo di un fatturato di circa 200 milioni di euro nel 2022. Lo ha comunicato nei giorni scorsi l’azienda in una nota (si veda qui il comunicato stampa).

La società ha dovuto chiudere temporaneamente lo stabilimento, molti negozi al dettaglio di sua proprietà e fronteggiare anche le serrate dei rivenditori del suo intimo. Le chiusure avranno ovviamente un impatto negativo sul fatturato, che a oggi non può però ancora essere quantificato. La Perla ha chiuso il bilancio 2018 con 106,2 milioni di euro di ricavi, una perdita operativa di 91,3 milioni di euro e un debito finanziario lordo di 103,1 milioni. Nei sei mesi 2019, invece, ha registrato ricavi per 40,3 milioni, una perdita operativa di 42,2 milioni e un debito finanziario lordo di 116,5 milioni.

La Perla BorsaNel marzo scorso la società aveva annunciato il lancio di un aumento di capitale da 200 milioni di euro per n totale di 44,5 milioni di azioni, che dovevano essere collocate a investitori istituzionali al prezzo di 4,50 euro ciascuna (si veda altro articolo di BeBeez). L’aumento di capitale era già stato annunciato lo scorso ottobre dal gruppo di lingerie (si veda altro articolo di BeBeez) e tuttora non è stato ancora concluso. Ad oggi il titolo La Perla vale 3,70 euro circa, in calo del 21% rispetto ai 4,70 euro di inizio anno.

La Perla fa capo oggi all’olandese Tennor Holding (ex Sapinda) del finanziere Lars Windhorst. La griffe è sbarcata a Euronext lo scorso 6 settembre 2019 con un direct listing, ossia una quotazione senza che siano state vendute azioni nè in aumento di capitale nè in mano ai soci attuali (si veda altro articolo di BeBeez ). Lo scopo della quotazione era quello di aumentare la visibilità dell’azienda e migliorare l’accesso al capitale al fine di rilanciarla. Il prezzo delle azioni era stato fissato a 4,50 euro per una capitalizzazione di 473 milioni, dopo che nel maggio 2019 la società aveva raccolto 23 milioni in un aumento di capitale in private placement presso cinque nuovi investitori, tra i quali Heritage Travel & Tourism, ma soprattutto H2O Asset Management, l’asset manager del gruppo Natixis i cui fondi lo scorso giugno 2019 erano stati oggetto di un fuggi fuggi generale da parte degli investitori, proprio perché era stata rivelata un’ampia esposizione a società collegate a Windhorst soprattutto tramite investimenti in bond illiquidi, tra i quali anche quello di La Perla.

La Perla, fondata a Bologna nel 1954 da Ada Masotti come laboratorio artigianale, versa da anni in uno stato di crisi. L’azienda è stata guidata e controllata dal figlio della fondatrice, Alberto Masotti, sino all’ottobre del 2008, quando fu venduta a JH Partners, un private equity con sede a San Francisco e focalizzato sugli investimenti in aziende di servizi e marchi di lusso. Il gruppo però era entrato in crisi ed era finito in asta giudiziaria nel giugno 2013, al termine della quale era stato rilevato da Sms Finance, la holding del fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia. Quest’ultimo aveva rilanciato l’azienda, investendo nel complesso ben 350 milioni di euro. Tuttavia il gruppo non era riuscito ancora a raggiungere il breakeven e, a fronte di circa 150 milioni di euro di ricavi, a fine 2017 perdeva ancora 80-100 milioni. Nel febbraio 2018, dopo una trattativa esclusiva e inconcludente con la conglomerata cinese Fosun, era stata annunciata a sorpresa l’acquisizione da parte di  Sapinda Holding.


Quali opportunità di investimento in Npl e Utp dopo il coronavirus? I pareri degli operatori alla Credit Village Digital Week

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Schermata 2020-04-28 alle 08.22.27Quali opportunità di investimento in Npl e Utp ci saranno dopo il coronavirus? Ne hanno parlato ieri gli addetti ai lavori nel corso dibattito dedicato agli investitori in crediti deteriorati nella terza giornata della Credit Village Digital Week, la prima conferenza digitale sul mercato degli asset deteriorati, in collaborazione con T.W.I.N., che si chiuderà oggi e di cui BeBeez è media partner (si veda qui la replica della conferenza di ieri). Nelle 2 giornate precedenti, è stato approfondito l’impatto del COVID-19 sul settore immobiliare (si veda altro articolo di BeBeez) e sulle banche (si veda altro articolo di BeBeez).

Katia Mariotti

Katia Mariotti

Secondo Katia Mariotti, responsabile della direzione centrale Npl di Banca Ifis, il coronavirus porterà con sé fattori di spinta e di freno ai crediti deteriorati. Tra quelli di spinta, rientrano: l’atteso trend di riduzione dei prezzi dei portafogli di Npl; l’incentivo fiscale per le cedenti per il deleverage entro dicembre 2020 con la trasformazione delle imposte attive differite (DTA) in crediti di imposta; l’acquisto di porzioni di portafogli in Gacs; l’aumento degli Npl dovuto alla crisi economica. “Dopo la fine dell’emergenza sanitaria, ci saranno molte operazioni sul mercato per  un alto importo: le recenti stime di Banca Ifis per 2020 ipotizzano 30-32 miliardi di euro di transazioni“, prevede Mariotti. Il freno al settore degli Npl sarà una minore propensione a investire dei fondi speculativi soprattutto esteri, che si stanno spostando su asset class più liquide (si veda altro articolo di BeBeez).

Angelo Piazzaamministratore delegato di MBCredit Solutions, si aspetta uno spostamento dell’incasso dei crediti, che avrà un impatto sui volumi delle curve del loro recupero e sarà dovuto a moratorie, sospensioni e chiusure dei tribunali.

Angelo Piazza

Angelo Piazza

Dal canto suo, non è preoccupato per i portafogli attuali di proprietà, che tutelano i servicer da shock sulle curve di recupero, ma è preoccupato per i nuovi deal, per cui dovranno convincere i cedenti che i prezzi di mesi fa non ci saranno più. Sul tema dei prezzi, Andrea Clamer, Head of Distressed Credit Investment and Servicing di Illimity, teme che operatori più speculativi e meno presenti nel lungo termine in mercato degli Npl “potrebbero sfruttare la crisi contingente per pagare i portafogli la metà di prima, senza un razionale vero. Questo sarebbe distorsivo e molto dannoso per il settore”. Mariotti ritiene plausibile che in questo modo, avvenga una selezione degli investitori nel settore degli Npl.

Per Francesco Fedele, amministratore delegato di B2 Kapital, resterà comunque forte l’interesse per il mercato italiano degli Npl da parte dei servicer. A suo avviso, “in futuro, ci saranno una maggiore attenzione al dato e alle strategie alternative e l’implementazione di nuove soluzioni potrebbe portare a degli upside”. Per Mariotti, la crisi dovrebbe essere l’occasione per i tribunali e la PA per “accelerare e digitalizzare tante procedure e processi che rendono difficile lavorare in Italia”.

Andrea Clamer

Andrea Clamer

Per quanto riguarda il futuro dei singoli investitori in Npl, Clamer prevede che Illimity, alla luce della crisi, avrà ancora più lavoro rispetto a quanto previsto inizialmente dal business plan. La sua sgr, Illimity sgr, consentirà alle banche che non possono permettersi di vendere i portafogli di Utp di conferirli ai fondi di Illimity, conferendo in cambio quote dei fondo, il cui 50% delle sottoscrizioni sarà legato a nuova liquidità (sia di Illimity, che di investitori professionali). La sgr ha già lanciato il veicolo Corporate and Credits Fund.

MBCredit Solutions, tramite Piazza, ha confermato che è disponibile a coinvestire in portafogli di Npl in futuro, a patto che i coinvestitori siano dei best-in-class. Mariotti ha spiegato che Banca Ifis ha appena attuato la prima parte della riorganizzazione societaria prevista dal piano industriale, per cui FBS spa è diventata Ifis Npl Servicing e FBS Real Estate ha cambiato nome in Ifis Real Estate (si veda altro articolo di BeBeez). La responsabile della direzione generale Npl della banca veneta ha chiarito: “La riorganizzazione parte da una necessità strategica, il cui obiettivo è costruire una filiera verticale dove le attività di acquisto, gestione dei crediti e valorizzazione dei sottostanti siano svolte da società separate e indipendenti.

Francesco Fedele

Francesco Fedele

La banca continuerà a investire nelle sue asset class di elezione, che resteranno il core business, ma aumenterà la sua esposizione in Npl corporate e secured. Banca Ifis si sta muovendo in modo cauto, visto il contesto incerto attuale, per perseguire gli obiettivi del suo piano industriale” (si veda altro articolo di BeBeez).

Infine Fedele di B2 Kapital, interpellato sulla partnership della società con Banca Sella siglata nel febbraio scorso, ha spiegato: “Sarà un’importante piattaforma condivisa in cui istituto di credito potrà mettere a frutto tipologie di investimenti lontane dal suo modello di business, in un’ottica di condivisione del know-how e del profitto”.


BlackRock aumenta la sua partecipazione in Cofense. Blackstone acquista il 10% di Crown Resorts. Negli Usa una proposta di legge per impedire ai private equity di avvantaggiarsi dalle basse quotazioni delle aziende dovute al coronavirus. La cinese Mabwell Biotech incassa un round da 278 mln $ guidato da Shiyu Capital

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BlackRockBlackRock Private Equity Partners ha annunciato un investimento  ulteriore nella partecipata  Cofense, leader mondiale nelle soluzioni di difesa antiphishing intelligente (si veda qui il comunicato stampa).  Blackrock aveva invessito inizialmente nel 2018 e vi aveva poi investito una seconda volta nel 2019. Ora BlackRock fornisce ulteriore capitale di crescita per far progredire la ricerca e lo sviluppo, nonché per l’espansione globale dell’azienda. “Siamo lieti di sviluppare le nostre relazioni con BlackRock dopo uno dei nostri trimestri migliori nella storia dell’azienda”, ha affermato Rohyt Belani, cofondatore e amministratore delegato di Cofense. Le offerte di operazioni di sicurezza di Cofense, Cofense Triage e Cofense Vision, aiutano le organizzazioni a bloccare gli attacchi di phishing rilevando, identificando e mettendo rapidamente in quarantena le e-mail dannose che eludono i gateway di posta elettronica sicuri (SEG) ogni giorno. Cofense ha quasi 2.000 clienti corporate in oltre 150 paesi, che rappresentano tutti i principali settori dell’energia, finanziario, sanitario, manifatturiero e alta tecnologia. Dal gennaio 2020, ha lanciato un centro di risorse di phishing Covid-19 per aiutare le organizzazioni e gli utenti finali durante questa emergenza sanitaria pubblica, e ha ampliato il proprio team di leadership con importanti aggiunte da parte di organizzazioni come Proofpoint. Preparato per la sua prossima fase di crescita, Cofense continuerà a investire in ricerca e sviluppo per fornire ai propri clienti il ​​massimo livello di difesa dal phishing all’interno dell’organizzazione.

blackstoneBlackstone Group ha comprato per l’equivalente di circa 360 milioni di dollari Usa circa il 10% del gestore australiano di casinò  Crown Resorts da Melco Resorts & Entertainment, gruppo con sede a Macau. Il prezzo dei titoli di Crown, quotata alla borsa di Sidney, si è ovviamente impennato, scontando l’ipotesi di un’offerta per il buyout del gruppo (si veda qui il NYT). Blackstone diventa quindi il secondo principale azionista di Crown dopo il fondatore e miliardario James Packer. Quest’ultimo si era accordato per cedere la sua quota di oltre il 37% di Crown a Melco contestualmente alla sua uscita di scena dall’attività, ma il deal aveva incontrato una serie di ostacoli regolamentari ancora prima che l o scoppio della crisi da coronavirus bloccasse l’attività di entrambi i gruppi.

Pandemic Anti-Monopoly ActLe speranze delle società di private equity di comprare a prezzi stracciati le società statunitensi colpite dal coronavirus sono state minacciate dai democratici Elizabeth Warren e Alexandria Ocasio-Cortez, con la coppia che ha presentato un disegno di legge per vietare le fusioni “predatorie” mentre infuria Covid-19 (si veda qui altassets).  Il Pandemic Anti-Monopoly Act (PAMA) mira a fermare i maggiori acquirenti che aspirano a mettere in difficoltà e a portar via con poco le piccole aziende e le startup in difficoltà. Una dichiarazione della coppia afferma che la PAMA impedirebbe alle grandi società di sfruttare la pandemia per impegnarsi in fusioni dannose e rafforzare la capacità del governo federale di rispondere efficacemente alle crisi future. Propone una moratoria su fusioni e acquisizioni “rischiose” che coinvolgono società con oltre 100 milioni di dollari di entrate o istituti finanziari con oltre 100 milioni di dollari di capitale di mercato, nonché società di private equity e hedge fund o le loro attività in portafoglio. Tale moratoria dovrebbe rimanere in vigore fino a quando la Federal Trade Commission non stabilirà che le piccole imprese, i lavoratori e i consumatori non sono più in gravi difficoltà finanziarie, aggiunge. Il PAMA probabilmente non si farà strada in un Senato controllato dai repubblicani, ma potrebbe rivelarsi un punto di discussione per il candidato presidenziale democratico Joe Biden mentre cerca di sedurre un maggior numero di elettori di sinistra in vista delle elezioni di novembre.

Shiyu CapitalIl venture capital cinese Shiyu Capital ha guidato un round di finanziamento Serie A da 1,97 miliardi di remimbi (278,5 milioni di dollari) in Mabwell Biotech, una società biofarmaceutica innovativa con sede a Shanghai. Hanno partecipato al nuovo round anche Oriental Fortune Capital, Loyal Valley Innovation Capital, Haitong Innovation Capital Management, Founder H Fund, Haurong Rongde Asset Management, Huajin Capital, Sincere Capital, Winfast Holding e altri investitori (si veda qui chinamoneynetwork).  Mabwell Biotech è un’azienda biofarmaceutica innovativa cinese con sede a Shanghai Zhangjiang Hi-Tech Park. Dalla sua istituzione nel 2017, ha assorbito e costituito di recente nove attività di ricerca e sviluppo biofarmaceutiche e di produzione. Allo stato attuale, la società si concentra sullo sviluppo e la produzione di farmaci macromolecolari come anticorpi monoclonali terapeutici e proteine ​​ricombinanti a lunga durata d’azione. Esistono più di trenta varietà di farmaci in diverse fasi di sviluppo che coprono tumori, autoimmunità, anti-infezione e malattie oftalmiche. Tra questi, sei sono entrati nella fase clinica e tre di loro sono in studi clinici di fase III. La società con sede a Shanghai ha recentemente raggiunto un accordo di cooperazione strategica con la società biotecnologica con sede a Zhuhai Biotheus. Le due società collaboreranno per costituire una joint venture nella zona high-tech per sviluppare il primo farmaco anticorpale bispecifico PM8001 di Biotheus nella Grande Cina e ampliare ulteriormente la linea di prodotti e il layout commerciale di Mabwell Biotech.


Garbe Industrial Real Estate costruisce un nuovo centro di distribuzione di Amazon nel Baden- Württemberg. Legal & General compra un sito per costruire abitazioni per la terza età nel Bedfordshire

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Garbe Industrial Real Estate

Garbe Industrial Real EstateGarbe Industrial Real Estate sta costruendo un nuovo centro di distribuzione per Amazon a Meßkirch, nel distretto di Sigmaringen nel Baden- Württemberg, in Germania. L’impianto logistico di 11.000 metri quadrati è previsto venga completato nell’autunno di quest’anno (si veda qui propertyfundsworld). La nuova proprietà è stata costruita in un sito con una superficie totale di quasi 83.000 metri quadrati nell’Industriepark Nördlicher Bodensee (Parco industriale del Lago di Costanza del Nord). Dopo il completamento dei lavori preparatori iniziati a gennaio, è ora iniziata la fase di costruzione. Bremer AG agisce come appaltatore generale. “Il fatto che siamo in grado di realizzare un altro progetto per Amazon così rapidamente nell’area della logistica dell’ultimo miglio è anche grazie alla cooperazione con la città di Meßkirch”, ha affermato Jan Dietrich Hempel, managing director di Garbe Industrial Real estate. Il nuovo centro di distribuzione è progettato con una superficie di circa 9.600 metri quadrati e circa 1.500 metri quadrati di uffici e spazi sociali.  “Un fattore importante per l’ubicazione del sito è stato il buon collegamento con l’infrastruttura di trasporto”, ha aggiunnto Jan Dietrich Hempel. Situato nel centro delle aree metropolitane di Monaco, Stoccarda e Zurigo, il Meßkirch offre brevi distanze dall’autostrada e ha un collegamento diretto con l’intersezione delle due autostrade federali B311 e B313. Anche gli aeroporti di Stoccarda e Friedrichshafen, situati nelle immediate vicinanze, sono raggiungibili rapidamente.

Legal & GeneralLegal & General, tramite la controllata Inspired Villages, ha acquistato un sito di 12 acri a Caddington, nel Bedfordshire (si veda qui Europe-re).  Il sito è stato acquisito con l’autorizzazione a sviluppare un progetto immobiliare da 200 abitazioni specializzate per la terza età, per un valore lordo di 120 milioni di sterline.  Questo nuovo programma comporterà un investimento di 90 milioni di sterline nell’indotto locale, creando più di 70 posti di lavoro all’annno nel settore delle costruzioni per i sei anni  di sviluppo del progetto e 32 posti di lavoro permanenti una volta completato. L’acquisizione del sito Caddington porta la pipeline di sviluppo di Inspired Villages a 2.500 abitazioni  in tutto il Regno Unito nei prossimi sei anni. Al termine, il programma Caddington beneficerà di un ristorante, una caffetteria, un centro benessere (comprendente una piscina, una palestra e una palestra), una biblioteca e una sala cinema. In linea con l’etica dell’azienda di creare comunità all’interno e intorno ai suoi villaggi, molte di queste strutture saranno disponibili sia per i residenti sia per la comunità locale.



Crediti deteriorati, previsti 30-32 mld euro di deal quest’anno. Lo calcola Banca Ifis, che intanto compra quote di Gacs sul secondario e studia il mercato Utp corporate

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Fonte: Market Watch Update - Banca Ifis
Fonte: Market Watch Update - Banca Ifis

Fonte: Market Watch Update – Banca Ifis

“In un’ipotesi di graduale normalizzazione dell’emergenza sanitaria, considerando la conferma dei piani di dismissione effettuata da parte delle grandi banche, il mercato vedrà comunque un elevato ammontare di transazioni quest’anno, che noi di IFIS stimiamo in circa 30-32 miliardi, con una spinta importante proveniente dal mercato secondario”, ha detto ieri Katia Mariotti, Responsabile Direzione Centrale NPL Banca Ifis, in occasione del suo intervento alla terza giornata della Credit Village Digital Week, la prima conferenza digitale sul mercato degli asset deteriorati, in collaborazione con T.W.I.N., che si chiuderà oggi e di cui BeBeez è media partner.

Le previsioni di Banca Ifis, contenute in un aggiornamento dell’ultimo Market Watch, sono in linea con quelle dell’ultimo Report Npl di BeBeez, appena pubblicato e disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium (scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese).

Intanto Banca Ifis da parte sua continua a investire, anche su asset class diverse dai classici Npl unsecured retail su cui si è specializzata negli anni. Il piano industriale di Banca Ifis prevede infatti acquisti per 8,5 miliardi di euro lordi di Npl tra il 2020 e il 2022, con un’estensione dell’attività dagli unsecured al segmento secured e corporate. E infatti sul primo fronte nei mesi scorsi la banca ha già comprato sul mercato secondario una serie di portafogli messi in vendita da spv di cartolarizzazione di Gacs (si veda altro articolo di BeBeez). Quanto al segmento corporate, ha detto Mariotti “il ruolo di una banca è cruciale in un processo di rilancio di un’azienda in ottica di recupero di Utp, perché questi processi richiedono l’immissione di nuova finanza.  Abbiamo già investito in questa asset class e non escludiamo di poter investire ancora anche insieme ad altri soggetti. Stiamo studiando il mercato”.

Più in generale sul tema degli investimenti Mariotti ha detto: “Confermiamo pienamente il nostro piano per il 2020 e gli anni a seguire. Covid19 è un evento senza precedenti ed è estremamente difficile prevedere come sarà il new normal passata la pandemia tuttavia quello di cui siamo certi è che siamo un investitore presente su questo mercato da oltre un decennio e, a oggi, questo è uno dei nostri core business nei quali vogliamo continuare a investire. In questo contesto, come già detto, siamo un investitore con capitali pazienti e riteniamo di essere un partner solido, anche in tempi difficili come questi, per chi necessita di proseguire il proprio graduale percorso di deleveraging e per chi voglia accelerare il cash in monetizzando, attraverso la vendita, parte dei portafogli comprati nel recente passato.

Detto questo, a oggi le previsioni che è possibile fare sulla dinamica del mercato delle transazioni Npl saranno condizionate sia da fattori di spinta sia da elementi frenanti, ha detto ancora Mariotti. Tra i primi ricorda il trend di riduzione dei prezzi dei portafogli, che stimolerà l’interesse degli investitori; l’incentivo fiscale per banche e per le cedenti in generale alla cessione dei crediti deteriorati, mediante conversione delle attività fiscali differite (DTA) in crediti di imposta; la cessione sul mercato secondario di porzioni di portafogli cartolarizzati secondo lo schema GACS; nuovi potenziali flussi di deteriorato nei bilanci bancari per l’aumento degli scivolamenti derivanti dal rallentamento dell’attività produttiva. Sul secondo fronte, quello degli elementi frenanti alla crescita del mercato, ci sono invece la minore propensione a investire di alcuni fondi, soprattutto esteri e senza piattaforma gestionale, a seguito della maggiore incertezza di scenario; il rallentamento di alcune attività di recupero che potrà comportare difficoltà  e maggiore incertezza nella definizione dei nuovi business plan; i prezzi in riduzione che potranno rallentare alcuni progetti di dismissione.


Banca Ifis e MBCredit Solutions si contendono il portafoglio Npl Loira di Unicredit

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UniCredit

UniCreditBanca Ifis e MBCredit Solutions (gruppo Mediobanca) si contendono il portafoglio di Npl battezzato Loira messo in vendita da Unicredit . Secondo quanto risulta a BeBeez, infatti, sono loro le due offerte vincolanti arrivate in fondo all’asta per il portafoglio da 250 milioni di euro di crediti al consumo.  L’asta in realtà è stata divisa in due. Da un lato quella sullo stock di crediti e dall’altra quella sul forward flow. Per entrambe le aste sono in corsa Banca Ifis e MBCredit Solutions. Per lo stock la deadline per presentare le offerte vincolanti era la fine della scorsa settimana, mentnre per il forward flow la scadenza è inizio settimana prossima.

Come noto Unicredit sta cercando di accelerare la vendita di Npl per 3 miliardi di euro al massimo entro settembre 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). Oltre al portafoglio Loria, sono stati messi di recente sul mercato il portafoglio Tokyo (circa un miliardo di Npl non garantiti a Pmi), il portafoglio Lisbona (un miliardo di portafoglio misto) e il portafoglio New York (circa 700 milioni di Npl ipotecari).

Lo scorso dicembre a Londra il ceo di Unicredit Jean Paul Mustier, illustrando gli obiettivi del nuovo piano strategico triennale 2020-2023, battezzato Team 23 (si veda altro articolo di BeBeez), aveva infatti detto che i crediti deteriorati lordi non core  sarebbero scesi sotto i 9 miliardi di euro a fine 2019 e che sarebbero scesi sotto i 5 miliardi a fine 2020,  mentre il completo rundown del portafoglio non core è stato confermato entro fine 2021

In vendita da parte di Unicredit c’è poi sempre ancora il portafoglio Dawn, un portafoglio da un miliardo di euro di Utp small ticket (si veda altro articolo di BeBeez).

Unicredit ha poi chiuso il 2019 con esposizioni deteriorate lorde non core a quota 8,6 miliardi di euro, meglio della guidance (9 miliardi) e più che dimezzate rispetto al target di 19,2 miliardi di euro del piano industriale Transfer 2019 (si veda altro articolo di BeBeez),  il che significa che per arrivare a fine anno sotto i 5 miliardi, la banca dovrà mettere sul mercato portafogli di crediti deteriorati per un totale di poco più di 3,5 miliardi.


Banche e fintech, ecco perché le partnership ancora non funzionano. Rapporto di Efma e Capgemini

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frustrazione banche

frustrazione bancheLe partnership tra banche e startup fintech sinora non hanno dato grandi risultati, ma i due mondi non possono non collaborare, quindi non resta che provare e riprovare. Lo dice il World Fintech Report 2020, stilato da Efma (European Financial Management & Marketing Association) e dalla società di consulenza internazionale in tecnologia e digitale Capgemini (si vedano qui il comunicato stampa e qui il rapporto completo).

Capgemini ha peraltro sviluppato l’Open X Readiness Index, uno strumento di confronto ideato per misurare la disponibilità delle banche a collaborare efficacemente con le startup (su quattro fronti: persone, business, tecnologia e finanza). L’indice rivela che gli istituti di credito più aperti alla collaborazione sono quelli con team dedicati e autonomi, che lavorano con le startup e dimostrano un approccio fail-fast. I più preparati sono anche i primi a investire in tecnologie emergenti e adessere meno dipendenti dai sistemi legacy, rendendo più facile l’integrazione con le fintech.

frustrazione fintech

Quanto alla situazione attuale delle partnership tra banche e fintech, il World Fintech report rivela che:

  • solo il 21% delle banche ritiene che i propri sistemi siano abbastanza agili per la collaborazione;
  • solo il 6% delle banche ha ottenuto il ROI desiderato dalla partnership;
  • il 70% delle fintech non si trova d’accordo con il proprio partner bancario né a livello culturale né a livello organizzativo;
  • oltre il 70% delle fintech afferma di essere insoddisfatto dalle barriere di processo degli istituti di credito tradizionali;
  • la metà dei dirigenti del settore fintech afferma di non aver trovato il giusto partner per la collaborazione.

Ciò non implica che siano da abbandonare le partnership tra fintech e banche, anzi. Quello della collaborazione tra banche e fintech è un tema che ormai pare irrinunciabile. Lo aveva sottolineato anche l’ultimo studio dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, presentato in occasione del secondo compleanno del Fintech District (si veda altro articolo di BeBeez).

Non a caso il settore finntech è uno dei più caldi in tema di m&a. Il fintech ha infatti catalizzato 135,7 miliardi di dollari di investimenti nel 2019 spalmati su 2.693 operazioni di m&a, private equity e venture capital, cifre entrambe in calo rispetto ai 141 miliardi e a i 3.145 deal del 2018, ma che comunque, dopo quelle del 2018, rappresentano i livelli più alti registrati negli ultimi sei anni. Lo calcola il report periodico di Kpmg ,The Pulse of Fintech (si veda altro articolo di BeBeez).

E gli investitori sono sempre più interessati al settore anche in Italia. Da inizio anno e sino a metà aprile, infatti, le startup e scaleup fintnech italiane o fondate da italiani hanno già incassato round per un totale di quasi 110 milioni di euro, dopo che gli investimenti di venture capital nel settore sono aumentati a 261 milioni di euro nel 2019 dai circa 200 milioni del 2018.  Emerge dall’ultimo Report Fintech di BeBeez , disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium (scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese).

Peraltro la crisi da coronavirus ha reso la necessità di collaborazione tra banche e fintech ancora più urgente. “Negli ultimi due mesi, il mondo è cambiato radicalmente. Le imprese si evolveranno e usciranno dalla crisi di Covid-19 in modi diversi e profondi. Le banche tradizionali avranno sempre più bisogno di maggiore esperienza in ambito digitale grazie all’incremento delle collaborazioni con le fintech. In tre anni, da quando abbiamo avviato questo studio, le fintech sono passate da player disruptive ad attori maturi, nel settore. Quindi ora è fondamentale che le banche tradizionali inizino a prendere in seria considerazione queste realtà, non solo come potenziali concorrenti, ma soprattutto come partner strategici con cui collaborare per riuscire a soddisfare in tempi rapidi le mutevoli aspettative dei consumatori”, ha spiegato Monia Ferrari, Financial Services Director di Capgemini Business Unit Italy.

bancheAnche se collaborare insieme è tutt’altro che semplice. “Una collaborazione efficace richiede maturità, da parte delle persone, del business e anche nei processi. Se per le banche tradizionali il fallimento non è un’opzione, le fintech sono rapide a entrare sul mercato e accettano il rischio di poter fallire. Le inventive bank che mostrano volontà e capacità di collaborare su larga scala e di accelerare l’innovazione, hanno maggiori possibilità di giocare un ruolo centrale all’interno dell’ecosistema Open X, ossia un approccio di piattaforma aperta in cui tutti gli attori di ogni dimensione e settore lavorano insieme”, ha commentato ancora Ferrari. Anche perché “le banche tradizionali si trovano ad attraversare un momento critico. Se non si aprono definitivamente all’Open X, rischiano di perdere totalmente competitività. Per stare al passo con le aspettative dei clienti in continua evoluzione nel mercato odierno, le banche tradizionali devono trasformarsi in inventive bank e collaborare con le fintech più qualificate”, ha aggiunto John Berry, ceo di Efma.

Secondo il rapporto di Efma e Capgemini, per rimanere competitive e attirare i clienti, le banche dovrebbero dare priorità alla trasformazione del middle-and-back-end attraverso partnership con le fintech orientate ai dati e incentrate sul cliente, che in ultima analisi miglioreranno anche il front-end. Sebbene gli investimenti complessivi nello sviluppo di nuove tecnologie informatiche (rispetto alla manutenzione) siano aumentati dal 24% nel 2016 al 33% nel 2019, le operazioni di middle-and-back-end continuano a basarsi su processi aziendali complessi, spesso manuali, che portano a una frammentazione della customer experience (CX). Ecco perché il 50% dei clienti degli istituti di credito lamenta di non avere un rapporto personalizzato con la banca e il 60% di non riuscire ad effettuare pagamenti ad addebito diretto per gli acquisti online.

 


Il private banking può avere un ruolo importante per la ripresa post-Covid, ma bisogna aiutarlo. Ecco cosa chiede AIPB

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private market

Schermata 2020-05-01 alle 05.55.43Sappiamo che il Covid-19 porterà un blocco dell’offerta e crisi di liquidità del sistema produttivo, una caduta di redditi disponibili e consumi, un aumento della preferenza per la liquidità dei risparmiatori e un fabbisogno di ricapitalizzazione delle imprese, specie pmi. Saranno pertanto cruciali il supporto pubblico (a costo di aumentare deficit e debiti statali), del sistema bancario (per finanziare le imprese) e del private banking.

Quest’ultimo, secondo AIPB, facendo leva sul suo forte rapporto fiduciario con i clienti, dovrà impegnarsi per contenere il peso della liquidità; allineare le dichiarazioni dei clienti alle loro azioni tramite la consulenza; iniettare fiducia sul medio-lungo termine; bilanciare investimenti nel pubblico e privato; favorire gli investimenti in economia reale. “Oggi più che mai una corretta gestione del risparmio delle famiglie private è fondamentale e può rappresentare una leva significativa per il finanziamento dell’economia reale e in particolare per il sostegno e lo sviluppo di tutte le nostre eccellenze imprenditoriali, pmi in primis”, ha detto Paolo Langè, presidente di AIPB.

private marketMa oggi gli investimenti in private asset in Italia ammontano a soli 3,9 miliardi di euro su un portafoglio complesssivo di 884 miliardi di euro a fine 2019.  Nei portafogli private, il peso contenuto della liquidità (15%) lascia spazio ad altre forme di investimento. Questo, unito alla diversificazione, ha portato i portafogli dei clienti private a un rendimento del 7%, contro il 4% delle famiglie italiane, dove la liquidità pesa il 43%. Ma appunto in tutto questo il peso degli investimenti alternativi è solo dello 0,4%. Lo rileva il rapporto sul private banking 2019 di AIPB (Associazione Italiana Private Banking), presentato ieri in conferenza stampa (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione completa), inn linea con le anticipazioni già fornite lo scorso novembre (si veda altro articolo di BeBeez).

Gli investimenti dei clienti del private banking italiano nei private market sono concentrati principalmente sul private equity (51%), con un peso del 14% per il private debt e dell’8% per il real estate, mentre gli investimenti in infrastrutture sono pari a zero. Gli investimenti in private asset in Europa ammontano invece a  1.500 miliardi di euro complessivi, di cui il 26% in private equity, mentre real estate e private debt pesano per il 21% ciascuno sul totale degli investimenti e le infrastrutture rappresentano il 13%.

 

Perché allora la quota di investimenti alternativi nel portafoglio dei clienti private aumenti, sarebbero necessarie tre misure da parte dei regolatori, ha detto Antonella Massari, segretario generale di AIPB. Tre misure, peraltro, sostenute anche da AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity, venture Capita e Private Debt, così come sottolineato a BeBeez dal direttore generale Anna Gervasoni lo scorso marzo (si veda altro articolo di BeBeez). Le proposte in questione sono:

  1. promozione presso le autorità europee (Commissione Europea e ESMA) del riconoscimento di una categoria di investitore semi-professionale (cliente private), con un patrimonio sopra 500 mila euro e assistito da  una consulenza evoluta;
  2. abbassamento della soglia da 500 mila a 100 mila euro per gli investimenti in fondi riservati da parte degli investitori privati;
  3. benefici fiscali per gli investimenti in Eltif (European Long Term Investment Fund).
Paolo Langé

Paolo Langé

Foto Antonella Massari

Antonella Massari

“La normativa sui cosiddetti Eltif, già presenti da tempo sul mercato europeo, potrebbe costituire la base di partenza per lo sviluppo definitivo del finanziamento a medio lungo termine delle aziende del Paese attraverso il contributo diretto degli investitori privati. Per fare il salto di qualità, però, occorre alzare i limiti di investimento per l’accesso ai benefici fiscali, altrimenti ininfluenti per una clientela di tipo private. In quest’ambito sarà comunque necessario procedere con cautela, rafforzare competenze e capacità di analisi in uno scenario diventato ancora più complesso da prevedere dove si rende ancora più evidente la necessità di un’assistenza professionale”, ha detto Massari.

L’associazione propone anche di riallocare i portafogli dei clienti private verso titoli di Stato italiani a lungo termine, ad esempio attraverso i restart/social/generational bond, ossia titoli di stato lunghissima scadenza (proposti da Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, si veda  qui l’intervista al 24Ore del 25 aprile).

Per attrarre gli investitori individuali, a fronte di rendimenti contenuti, occorrono anche stimoli fiscali, quali: esenzione da bollo, imposte su successioni, donazioni, cedole e capital gain per residenti in Italia. Inoltre, sarebbero utili emissioni di debito pubblico finalizzate a capitalizzare/ricapitalizzare imprese industriali leader nei settori in cui l’Italia intenderà basare il suo futuro modello di crescita (proposta di Marco Mazzucchelli, si veda qui l’intervista al Corriere della Sera del 30 marzo).


Innovery (controllato da Wise sgr) prepara campagna di m&a, perché il coronavirus spinge la domanda di cybersecurity

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Gianvittorio Abate, ad e fondatore di Innovery
Gianvittorio Abate, ad e fondatore di Innovery

Gianvittorio Abate,

La crisi da coronavirus non blocca ai programmi di m&a di Innovery, il system integrator con una forte storica specializzazione nel comparto cyber security, controllato da Wise Equity sgr, conta di chiudere ben due acquisizioni entro giugno 2020 e altre ancora  in Spagna e in Italia tra fine anno e inizio 2021.

Lo ha anticipato a BeBeez Gianvittorio Abate, amministratore delegato e fondatore di Innovery. “Siamo attualmente in due diligence su due società italiane: una attiva nella compliance e security governance; l’altra sulla cybersecurity nel Nord-Ovest dell’Italia. Sono in pipeline anche: una società con sede Barcellona; un’azienda basata a Madrid (con presidio anche in Messico, dove è attiva Innovery); e altre tre società italiane. I deal tuttavia sono frenati dal rallentamento relazioni con i proprietari delle società, dovuto al coronavirus. Ma contiamo di chiudere le acquisizioni per fine 2020/inizio 2021”, ha assicurato Abate. Se ne sta occupando un gruppo di lavoro sulle operazioni di m&a, costituito da membri di Wise Equity sgr, dall’ad di Innovery e da società di consulenza in Italia e Spagna, che supportano nella ricerca delle società target.

Dall’ingresso del fondo Wisequity IV  nel capitale nel giugno 2019, con il 69% (si veda altro articolo di BeBeez), Innovery à ha già condotto due acquisizioni in Italia. Una nel luglio 2019, quando  ha rilevato il 100% del system integrator italiano Proxy (si veda altro articolo di BeBeez), mentre l’altra è stata chiusa nel gennaio di quest’anno, quando la società ha investito in Imoi, startup italiana che sviluppa soluzioni di sicurezza in ambito smart city, pulizia e ambienti affini. L’operazione ha permesso a Innovery di entrare nel mercato della sicurezza in ambito smart city, di acquisire know-how sui sistemi di rilevamento di ambienti, oltre che di analytics basati su infrastrutture e big data, utilizzabili anche in altri ambiti.
Innovery, fondata nel 2000, vanta tra i propri clienti istituti finanziari, operatori di telecomunicazione, uffici della Pubblica Amministrazione, nonché imprese dei settori gaming ed utility sia nazionali che internazionali. Ha sede a Roma e uffici a Milano, Napoli, Cagliari, Cosenza, Madrid e Città del Messico. Innovery, che conta 330 dipendenti, ha chiuso il 2019 con ricavi per circa 30 milioni di euro (+25%) e un ebitda normalizzato di 6,4 milioni.

“Se la situazione del business tornerà alla normalità a luglio, il coronavirus avrà un impatto nullo o minimo sul nostro piano industriale triennale”, ha detto ancora l’ad Abate. Se è vero, infatti, che il Covid-19 ha rallentato i progetti su alcuni clienti dei settori turismo, gaming e trasporti, è anche vero che il lockdown ha forzato la digitalizzazione delle aziende e aumentato le loro preoccupazioni circa attacchi hacker e sicurezza dei dati, favorendo quindi grossi ingaggi per implementare sicurezza nelle modalità di lavoro e nella sicurezza informatica. Innovery ipotizza quindi un aumento della domanda delle aziende di questi servizi. Il piano triennale della società preved per il 2021 ricavi per 70 milioni di euro e un ebitda del 15% e ricavi per 90 milioni di euro nel 2023. ”

Wisequity IV, che ha completato la raccolta nel marzo 2016 a 215 milioni, oggi detiene in portafoglio altre sei società: Trime spa (si veda altro articolo di BeBeez), Corob (parzialmente disinvestita nel luglio scorso, si veda altro articolo di BeBeez), Imprima (si veda altro articolo di BeBeez), Tapì (si veda altro articolo di BeBeez), Tatuus Racing (si veda altro articolo di BeBeez) e Aleph (si veda altro articolo di BeBeez). Wisequity III, che nel 2011 aveva raccolto 180 milioni di euro , ha tuttora in portafoglio partecipazioni in NTCControls e Alpitour. Lo scorso luglio il fondo Wisequity V ha annunciato il closing finale della raccolta a quota 260 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).

Banca Sella accelera i prestiti sino a 25 mila euro del Decreto Liquidità con un accordo con la piattaforma Credimi

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credimiBanca Sella e la fintech italiana attiva nel finanziamento digitale alle imprese Credimi hanno siglato un accordo per il finanziamento alle pmi Liquidità 100 (si veda qui il comunicato stampa). Grazie a questa partnership, Banca Sella potrà garantire ai propri clienti, che svolgono attività economica rientrante nel perimetro previsto dal cosiddetto Decreto Liquidità, tempi ancora più rapidi per la gestione delle domande di finanziamento previste dal decreto, che prevede la possibilità di richiedere un prestito fino a 25 mila euro o comunque non superiore al 25% dei ricavi 2019, con la copertura del fondo di garanzia del 100%.

Le imprese individuali clienti di Banca Sella potranno richiedere questo finanziamento direttamente dall’internet banking della banca, senza passaggi in filiale e senza presentare alcun modulo o documento cartaceo. La domanda sarà presa in carico dai sistemi di Credimi, che processerà la richiesta in maniera quasi automatica, interfacciandosi digitalmente con il fondo centrale di garanzia, senza alcun aggravio per il cliente, escluse le firme (tutte digitali) richieste dalla legge. La risposta arriverà in pochi giorni e l’erogazione avverrà immediatamente dopo il rilascio della garanzia.

“L’accordo con Credimi rientra nell’ambito delle iniziative che la nostra Banca ha messo in campo nelle ultime settimane per supportare l’economia e i clienti in difficoltà a causa dell’emergenza Covid-19. In particolare, rispetto alle domande di finanziamento previste dal Decreto Liquidità, ci siamo organizzati per garantire ai nostri clienti tempi rapidi nella gestione delle richieste sia al nostro interno che attraverso la partnership strategica con Credimi. Questa organizzazione ci permette di rispondere alle esigenze dei clienti ed evadere le richieste nel minor tempo possibile”, ha dichiarato Andrea Massitti, Head of Corporate and Small Business di Banca Sella.

“L’operazione siglata da Credimi e Banca Sella è un esempio virtuoso di come i vari attori finanziari possono collaborare per migliorare questo paese. Una collaborazione fattiva che libera liquidità, nel modo più efficace e veloce possibile, per quella fascia di aziende più piccole, con meno risorse disponibili e dunque più colpite da questa emergenza sanitaria ed economica”, ha sottolineato Ignazio Rocco di Torrepadula, fondatore e ceo di Credimi.

A inizio aprile Credimi ha strutturato la cartolarizzazione Italianonsiferma, con  Generali, tramite il suo Fondo Straordinario Internazionale lanciato per fronteggiare l’emergenza coronavirus, che sarà anchor investor della tranche junior, con una quota da 10 milioni di euro su un target finale di raccolta di 100 milioni (si veda altro articolo di BeBeez).

A inizio 2020 Credimi ha lanciato Credimi Capitale Umano, una formula di finanziamento volta a sostenere la crescita delle pmi e dell’occupazione in Italiac, lanciata in partnership con Openjobmetis, l’agenzia per il lavoro quotata al segmento Star di Borsa Italiana. Nel marzo scorso, invece, la fintech ha lanciato Credimi Start, un nuovo prodotto di finanziamento dedicato alle piccolissime imprese e alle startup, per aiutarle a superare il difficile momento di mercato creatosi per effetto del contagio da coronavirus (si veda altro articolo di BeBeez).

Fondata da Ignazio Rocco di Torrepadula, ex senior partner di BCG, insieme a un team di giovani con esperienza tecnologica e finanziaria, Credimi è una startup fintech che sinora raccolto oltre 18 milioni di euro di capitali dagli investitori, in due diversi round. Il primo da 8 milioni in due tranche successive chiuse a febbraio 2016 da noti imprenditori e professionisti della finanza (si veda altro articolo di BeBeez) e l’altro da 10 milioni di euro nel settembre 2018, guidato da UV2 (United Ventures sgr) e Vertis Venture 2 Scaleup (Vertis sgr) (si veda altro articolo di BeBeez).

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Paola Tondelli managing director di Illimity sgr. Lascia Vitale & Associati dopo 17 anni

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Paola Tondelli
Paola Tondelli

Paola Tondelli

Paola Tondelli è il nuovo managing director di Illimity sgr, la neonata società di gestione di asset alternativi fondata da Illimity con focus sui crediti distressed. Tondelli lascia il ruolo di partner di Vitale & Associati, dove ha lavorato per 17 anni, occupandosi di grandi operazioni di ristrutturazione finanziaria. Dal 2017, inoltre, Paola Tondelli è presidente di TMA Italia, Associazione per la Ristrutturazione di Impresa

L’sgr è stata autorizzata all’attività da Banca d’Italia lo scorso 25 febbraio (si veda altro articolo di BeBeez).  Come noto, Illimity sgr  gestirà fondi dedicati agli investimenti in crediti distressedche la banca sottoscriverà in parte con capitali propri e che saranno aperti alle sottoscrizioni di altri investitori istituzionali. Il primo fondo,  Corporate and Credits Fund, lanciato dall’sgr sarà dedicato agli UTP con prospettive di ristrutturazione e ritorno in bonis, che saranno conferiti da banche e operatori finanziari che li hanno originati oppure che saranno acquisiti per cassa dal fondo stesso. Il fondo potrà anche investire nell’equity delle società in questione. La sgr affiancherà così le attività di investimento della banca in crediti distressed alla loro gestione per conto terzi, diversificando i ricavi e generando nuove opportunità di business per Illimity (si veda altro articolo di BeBeez).

“Oggi, a causa dell’emergenza sanitaria, ci troviamo tutti ad affrontare, chi più, chi meno, una crisi economica strutturale senza precedenti”, ha scritto Tondelli ieri su Linkedin, aggiungendo: “A breve, le banche saranno inondate di richieste di moratoria, nuova finanza con garanzia statale, assistenza di vario tipo dai loro clienti ordinari, quelli che fino a ieri avevano magari un business florido e con prospettive. Pertanto, con il lancio del primo fondo ci proponiamo, come illimity sgr, di dedicare le migliori energie per contribuire a sollevare le banche dalla responsabilità di gestione delle situazioni deteriorate fin da prima che scoppiasse il Covid19. Proprio all’interno di queste situazioni, infatti, si celano opportunità inesplorate, che solo una gestione specialistica e dedicata può materializzare. Opportunità rappresentate anche da un profilo rischio / rendimento particolarmente interessante per gli investitori che ci supporteranno nell’iniziativa”.

 



Nasce Reverto Consulting, task force di professionisti per traghettare le imprese nel mondo post-Covid

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Schermata 2020-05-01 alle 07.57.39

Schermata 2020-05-01 alle 07.57.39 In tempi di crisi d’impresa nasce Reverto Consulting, una task force di  professionisti e boutique della finanza e del restructuring che hanno deciso di unire le forze per supportare le aziende a superare questo momento di grave difficoltà, che in molti casi spingerà molte società a ripensare alla propria governance anche attraverso la ricerca di un partner (si veda qui il comunicato stampa).

A unire le forze sono Massimo Castrucci, avvocato tributarista associato nello Studio Bgr e componente della Commissione giustizia tributaria dell’Ordine degli avvocati di Milano; lo studio Corrado&Associati rappresentato dai fratelli Alessandro, Diego e Simone Corrado (rispettivamente esperti di diritto del lavoro e crisi di impresa, di diritto societario e di litigation); Fabio Cosmai, dottore commercialista, socio fondatore dello Studio Cosmai e Associati; la boutique finanziaria milanese Virgilio finance, specializzata in corporate finance e consulenza m&a, fondata da Jacopo Mattei, professore di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università di Ferrara e la SDA Bocconi; Lorena Ponti e Valentina Roggiani, socie fondatrici di PeR Consulting, società che dal 2006 si occupa di gestione della crisi di impresa nel ruolo di advisor finanziario. Ponti in particolare ricopre ruoli di amministratore in società private e a partecipazione pubblica.  E ci sono anche Gianfranco Forte, professore di Strategie di Investimento presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca, professore a contratto presso l’Università Bocconi, consulente per istituzioni finanziarie su temi di asset management e finanza quantitativa, esperto di fintech e blockchain; e Luca Mannucci, membro consiglio di amministrazione di First Capital Spa, con un’esperienza ultra decennale nel private equity e venture capital dopo (ex JP Morgan e Societè Generale).

Reverto Consulting in particolare offre servizi di consulenza alle aziende in difficoltà con l’obiettivo di riportarle all’equilibrio economico-finanziario (turnround, corporate governance, corporate finance, m&a, gestione del contenzioso con clienti e fornitori in sede stragiudiziale e giudiziale; ma anche di finanza e fintech, nel senso di individuare la struttura finanziaria ottimale per l’azienda e di scouting di finanziamenti su tutti i canali disponibili, compreso quello delle fonti alternative e innovative.


L’indonesiana Gojek compra Moka per 130 mln $. Otonomo incassa round da 46 mln $. Asterion compra le antenne per le microonde di Telefonica

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gojek

gojekGojek, società indonesiana nata come call center per i motociclisti poi evoluta in società di servizi e di sistemi di pagamento, ha acquisito la startup mobile Moka per 130 milioni di dollari (si veda qui Reuters).  Moka, con sede in Indonesia, continuerà a operare come entità indipendente, pur integrandosi con i molteplici servizi di Gojek, tra cui la consegna di cibo e pagamenti online, secondo una dichiarazione congiunta di entrambe le società. Lo marzo Gojek aveva chiuso un round di  1,2 miliardi di dollari, una ciffra che ha portato così la raccolta totale da inizio attività a quota 3 miliardi di dollari.

 

otonomoLa società israeliana di servizi dati automobilistici Otonomo ha annunciato giovedì di aver raccolto 46 milioni, di dollari in un round sottoscritto da SK Holdings, Avis Budget Group e Alliance Ventures, nonché da investitori esistenti come Bessemer Venture Partners (si veda qui Reuters). Il nuovo round porta quindi la raccolta complessiva della startup a 82 milioni. Per soddisfare la crescente domanda, Otonomo ha dichiarato che utilizzerà i nuovi fondi per espandere la propria attività, con risorse di ricerca e sviluppo e assistenza clienti necessario. La società prevede inoltre di espandersi in aree geografiche aggiuntive. Otonomo ha sviluppato un mercato con dati provenienti da oltre 20 milioni di veicoli. Le aziende possono utilizzare i dati per sviluppare app e servizi per flotte, città intelligenti e singoli consumatori. La società collabora con oltre 25 produttori automobilistici, flotte e produttori di macchine agricole e per l’edilizia. I partner includono Daimler, BMW, Mitsubishi Motor Co e Avis Budget Group. Ha una rete di oltre 100 rivenditori, assicuratori e altri che pagheranno per i dati e forniranno servizi generatori di entrate come app di parcheggio, rifornimento su richiesta e traffico e mappatura.

Asterion Industrial PartnersAsterion Industrial Partners ha annunciato l’acquisizione del 100% del portafoglio microonde Radiolink di Telefónica in Spagna attraverso un processo di carve-out (si veda qui il comunicato stampa). L’operazione è stata siglata il 31 marzo. Le attività consistono in un portafoglio unico di antenne e apparecchiature elettroniche radio per c. 10.800 collegamenti a microonde (~ 13.000 circuiti), che collegano le torri mobili di Telefónica e i siti di altri clienti aziendali alle loro reti terrestri in fibra, principalmente in aree a bassa densità. La rete radiolink di Telefónica è una delle più grandi in Spagna e dispone della migliore interconnessione con la rete in fibra più profonda della Spagna. Il portafoglio offre un’opportunità differenziata per accedere e continuare a costruire una piattaforma di trasporto digitale all’ingrosso incentrata sulle aree rurali in Spagna. Inoltre, il portafoglio di alta qualità recentemente acquisito è essenziale in particolare per la connettività di aree isolate. L’investimento è in linea con la strategia di investimento di Asterion incentrata su una forte protezione al ribasso attraverso la fornitura di un accordo contrattuale a lungo termine con Telefónica, che gestisce la complessità della struttura e si basa sull’opportunità di un impegno industriale e di una commercializzazione continui delle risorse. Inoltre, l’operazione rafforza l’impegno a lungo termine di Asterion nei confronti della Spagna e del settore delle telecomunicazioni come parte del suo mandato di investimento. La transazione integra gli investimenti di Asterion Industrial Infra Fund I in Francia, Spagna e Regno Unito nei settori dei servizi energetici, delle energie rinnovabili, dei data center e delle energie distribuite rinnovabili.

 


Panattoni investe ancora in Polonia. London Square Partners si allea con Clarion Housing per uno sviluppo in UK. La Cina lancia un programma di Reit immobiliari per sostenere l’economia

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Panattoni

PanattoniPanattoni ha acquistato 14,8 ettari di terreno nella Polonia centrale per costruire il Panattoni Park Strykow IV (si veda qui il comunicato stampa). Si tratta della seconda operazione in Polonia in pochi giorni dopo l’acquisto di un terreno a Czeladz in Alta Slesia (si veda altro articolo di BeBeez). Il progetto, che avrà una superficie di 74.000 m², sarà sviluppato all’intersezione delle autostrade A1 e A2. L’inizio della costruzione è previsto per il terzo trimestre del 2020. La prima fase prevede lo sviluppo di 41.000 m², che sarà commissionato nel primo trimestre del 2021. Il Panattoni Park Stryków IV sarà caratterizzato da un moderno magazzino di classe A distribuito su due edifici, con 106 banchine di carico, cancelli di accesso a livello del suolo, ampi cortili di servizio e parcheggi per 253 auto. Il design consente opzioni di layout dell’unità flessibili ed è per questo che lo spazio nel parco può essere utilizzato sia per le operazioni logistiche che per la produzione leggera. Il progetto soddisferà i criteri della certificazione BREEAM con un punteggio “MOLTO BUONO”. Marek Dobrzycki, managing director di Panattoni, ha dichiarato: “Abbiamo consegnato qui oltre 1,5 milioni di m², con ca. 500.000m² solo a Strykow. L’acquisizione di terreni e lo sviluppo pianificato di Panattoni Park Strykow IV rappresentano un’ottima notizia per molte aziende che operano non solo nel settore industriale / logistico, ma anche nel suo ambiente commerciale”.

Clarion Housing GroupLondon Square Partners ha comprato il sito di St Michael’s Courtyard vicino alla stazione di West Croydon, nella zona a sud di Londra, dove svilupperà una piazza con negozi, caffè e 232 nuove abitazioni insieme a Clarion Housing Group. Il sito di un acro è stato acquisito da Portman Square Holdings. St Michael’s Courtyard ha un valore lordo di 90 milioni di sterline e costituirà una parte importante del Masterplan West Croydon (si veda qui Europe-re).   Lo sviluppo progettato da Assael Architecture prevede due edifici in mattoni di 21 piani e 25 piani per l’elemento residenziale, 947m² di spazio commerciale, con negozi e uffici a livello della strada, e la nuova piazza che apre la vista sulla chiesa di San Michele e All Angels. Verranno inoltre creati collegamenti pedonali con la stazione e il nuovo centro commerciale.

 

cinaLa Cina ha dichiarato che lancerà un programma pilota per i fondi comuni di investimento immobiliare (REIT) nel settore delle infrastrutture per aiutare un’economia devastata dal coronavirus (si veda qui Reuters). Finora la Cina aveva autorizzato solo quasi-REIT venduti privatamente nel settore immobiliare. Con la nuova iniziativa, la Cina vedrà i suoi primi REIT venduti pubblicamente. Il lancio di REIT nello spazio infrastrutturale può liberare capitali da reinvestire, aumentare i finanziamenti diretti e ridurre l’effetto leva delle imprese, ha affermato in una nota la National Development and Reform Commission (NDRC), la principale agenzia di pianificazione cinese. I REIT forniscono anche uno strumento di investimento liquido e sicuro con entrate stabili per gli investitori cinesi, ha detto anncora l’NDRC.

 


Ricapitalizzazione delle imprese, allo studio un fondo da 50 mld di euro, mix di risorse pubbliche e private

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CdpLe anticipazioni sul tanto atteso Decreto Aprile, che ormai diventerà il Decreto Maggio, dicono che il governo sta lavorando a uno stanziamento di 50 miliardi per ricapitalizzare le imprese affossate dalla crisi creata dal lockdown. Ora su quel progetto iniziano a uscire i primi dettagli.

Secondo quanto riferito da Il Messaggero, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Invitalia e Cdp starebbero lavorando precisamente a un fondo da 50 miliardi di euro che potrebbe ripatrimonializzare le pmi tramite immissione di nuova finanza nella forma  di equity oppure di debt-equity-swap temporanei o altre forme di strumenti ibridi o partecipativi del capitale, con o senza  diritti di voto e  sarebbero previsti a monte dei meccanismi di uscita dall’investimento con riacquisto delle quote da parte degli stessi azionisti  delle imprese o con cessione delle aziende sul mercato. Ove possibile, anche l’imprenditore dovrebbe partecipare alla ricapitalizzazione.

Cdp e Invitalia potrebbero agire in coinvestimento con altri soggetti istituzionali italiani. Primi della lista sono le fondazioni bancarie (già presenti nel capitale della stessa Cdp), ma anche le casse di previdenza (specie le più grandi come Enpam, Cassa forense, Inarcassa), i fondi pensione, le grandi compagnie assicurative, ma anche le banche, visto che tra le modalità di intervento sarebbe contemplata appunto la conversione di debiti in capitale.

Per quanto possibile, l’imprenditore dovrebbe partecipare alla ricapitalizzazione e manterrebbe la gestione dell’impresa, ma sarebbe vincolato nella distribuzione degli utili, nei compensi del management e nell’acquisto di azioni proprie. La selezione degli investimenti dovrebbe avvenire a domanda dell’impresa, anche con il sostegno e il parere della banca creditrice. Il piano con Invitalia punta a risollevare le pmi con interventi di cash out che a medio termine andranno restituiti.

Intanto ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella sua informativa urgente alla Camera e al Senato sulle iniziative del Governo per la ripresa delle attività economiche, ha ribadito. “Saranno confermate anche le misure per la salute, la sicurezza e gli Enti territoriali, e sarà dato ampio spazio agli interventi per la liquidità e la capitalizzazione delle imprese”.

Come noto, già nella premessa al Documento di Economia e Finanza varato nei giorni scorsi dal governo si leggeva che “il prossimo decreto riprenderà tutti gli interventi del Cura Italia, rafforzandoli e prolungandoli nel tempo onde rispondere alle esigenze della prossima fase di graduale riapertura dell’economia. In particolare, oltre alle misure di sostegno al lavoro, all’inclusione e al reddito, e a quelle per la salute, la sicurezza e gli Enti territoriali, vi saranno significativi interventi per la liquidità e la capitalizzazione delle imprese, per il supporto ai settori produttivi più colpiti dall’emergenza, per gli investimenti e l’innovazione. La dimensione del prossimo decreto è molto rilevante, essendo stata cifrata in 55 miliardi in termini di maggiore indebitamento netto su quest’anno e 5 miliardi a valere sul 2021, al netto dei maggiori oneri sul debito pubblico. L’intervento sul 2020 è equivalente al 3,3 per cento del PIL, che assommato al Cura Italia porta al 4,5 per cento del PIL il pacchetto complessivo di sostegno all’economia, a cui si aggiungono garanzie per circa il 40 per cento del PIL. Sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, in termini di competenza e in termini di cassa, gli effetti del decreto ammontano a 155 miliardi di euro nel 2020 e 25 miliardi nel 2021, a cui si sommano, per il 2020, i 25 miliardi del decreto Cura Italia”.

 


Il risparmio deve arrivare alle imprese, è il solo modo per ripartire

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Simone Strocchi
Simone Strocchi

Simone Strocchi

di Simone Strocchi,
fondatore e managing partner Electa Ventures

L’Italia, grazie alle sue numerose eccellenze imprenditoriali, identificabili per distretti e filiere, esprime ancora un tessuto economico invidiabile per capacità e potenzialità. E da quel tessuto sano dobbiamo necessariamente trovare la capacità di resistere e ripartire, scongiurando che questo terribile dramma sanitario determini anche irrimediabili conseguenze economiche.

Dobbiamo riuscire a mettere urgentemente in connessione una quota di risparmi degli italiani con le imprese sane del nostro Paese che hanno determinato e possono determinare benessere, con agevolazioni normative e incentivi similari a quelli già accordate agli investimenti in startup e pmi innovativa, riconoscendo  un credito fiscale a chi investe e fa circolare capitali “in e tra” le nostre pmi (determinando una  specie di grande solidale cash pooling), snellendo le burocrazie,  “aprendo le chiuse”, e non contrastando i flussi di capitale dalla inerzia dei depositi, al sostegno attivo  di progetti imprenditoriali; così facendo dovremmo riuscire  ad irrorare il sistema e  a salvare il corpo della nostra economia da un generale decadimento, mantenendo e sviluppando funzionalità utili, prima alla sopravvivenza e poi alla ripresa.

Consentitemi di affermare che, se non in termini di vera e propria necessaria assistenza sociale, non credo particolarmente al sostegno “a pioggia”, centralizzato, qualificato “credito”. Il bisogno immediato di liquidità non consente analisi di merito da parte delle banche, cui viene demandata la formulazione di criteri di scoring e la funzione di “pivot”. Temo il credito così erogato sotto grande pressione rischierà di dover in gran parte essere poi qualificato “inesigibile”. Tanto più se si pensa di finanziare questi interventi con fondi su cui la copertura è data da accesso a recovery fund e Mes, che impone di fare mille attenzioni per evitare che ci costi poi molto caro, visto che il costo dell’errore di merito al credito ricadrà inevitabilmente su imprese e operatori sani che saranno tartassati e aggrediti per tappare il buco formato da elargizioni a fondo perduto.

Necessarie, invece, le formule di sgravio temporaneo di costi accordati alle imprese con i recenti provvedimenti normativi: la FIS e la cassa, così come l’aiuto alle partite Iva che servono a superare le settimane di lockdown (che comunque non possono eccedere oltre certi limiti temporali).

Per queste ragioni penso più utile affidarsi alla capacità di intelligence, mutualità e solidarietà “interessata” da investitori a imprese e tra imprese di filiera, capaci di riconoscersi e allearsi, sostenendosi tra loro per condividere un progetto di rilancio italiano. Per questo urge stimolare anche con semplificazioni procedurali e agevolazioni fiscali l’immissione di liquidità per acquistare o sottoscrivere strumenti direttamente emessi dalle nostre imprese eccellenti e la conseguente diffusione tra attori sani della nostra economia reale; stimolando l’investimento diretto o accrescitivo dei privati con sgravi fiscali e semplificazione di procedure e contrazione di relativi  delay .

Tali provvedimenti non necessitano di accesso a immediata disponibilità di cassa pubblica, ma di deroghe temporanee da alcune norme e ratio forse più facilmente negoziabili in Europa, tacitando “i falchi del nord” primi esperti in allettare l’insediamento nelle loro giurisdizioni di holding e imprese di tutto il continente con programmi di defiscalizzazione.

Approfittiamo di questo momento almeno per fare una riflessione sulla impostazione dei sistemi di gestione di risparmio. Ancora una volta condizionata da regole europee, abbiamo assistito  e assistiamo in questi giorni all’imbarazzo dei nostri gestori di fondi comuni aperti nell’assecondare vincoli  di compliance che impongono  loro un’ossessiva  ricerca di liquidità,  finendo per esautorarli da scelte attive fondate su analisi dei fondamentali, costringendoli a  liquidate e riqualificare  i portafogli  come se rispondessero  ad unico  telecomando, con il rischio di dimezzare il valore del Nav in una folle  spirale di vendite al ribasso.

Dobbiamo chiederci se la liquidità giornaliera nell’ambito di un mandato di gestione debba essere posta sempre e comunque davanti a tutto, se sia davvero un valore essenziale con riferimento alla nostra economia, ma soprattutto: siamo sicuri che sia il presidio di necessaria tutela del capitale investito dai risparmiatori? O, al contrario, in momenti turbolenti l’esasperata ricerca di liquidità dei fondi aperti UCITS rischia di diventare una pompa che trasferisce ricchezza da piccoli risparmiatori al grande capitale autocratico?

Con la scusa della tutela dei piccoli risparmiatori si finisce per agire contro il loro stesso interesse, impoverendo il tessuto economico da cui la maggior parte di essi trae il proprio reddito e ha costruito i propri risparmi; perseverando in questa logica determiniamo la svalutazione del nostro patrimonio di imprese per renderlo pronto alla scalata operata da capitali stranieri.

Per questo motivo i nostri risparmi, anche quelli accumulati all’attivo di casse ed enti previdenziali, dovrebbero essere in parte investiti direttamente in pmi o in fondi chiusi, Eltif, Sia, Sicaf, Fondi quotati Miv, formule evolute di prebooking, con rinnovata alleanza tra wealth manager e professionisti dell’investimento attivi.  I risparmi vanno in parte indirizzati in strumenti che consentano di accedere ad una leva di competenze, in allineamenti di interesse, per sostenere progetti imprenditoriali e condividerne performance con indotto positivo per l’intera comunità nazionale.


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