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Raddoppia nel giro di un anno il valore complessivo del crowdinvesting in Italia. Il 30 giugno scorso l’equity crowdfunding ha superato una raccolta di 82 milioni di euro dall’inizio del mercato e il lending crowdfunding ha raggiunto quota 435 milioni di euro, per un totale quindi di 517 milioni di euro. Lo rileva il 4° Report italiano sul CrowdInvesting, redatto dall’Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano, dove è stato presentato ieri (si veda qui il comunicato stampa e qui la registrazione video dell’evento).
Il rapporto curato da Giancarlo Giudici, direttore dell’Osservatorio, calcola che la raccolta nell’ultimo anno (dal 30 giugno 2018 al 30 giugno 2019) è stata di 49 milioni per l’equity crowdfunding (170 campagne censite, quasi una ogni 2 giorni, con un tasso di successo del 75% nei primi 6 mesi quando la media dell’intero campione dal 2014 è del 71,7%) e di 207 milioni per il lending.
Per quanto riguarda l’equity crowdfunding, sulla base dell’attuale tasso di crescita del mercato, l’Osservatorio prevede una raccolta di 60 milioni di euro nel 2019 e di 80 milioni del 2020, dopo quella di 36 milioni del 2018. Al 30 giugno 2019 risultavano autorizzati in Italia 35 portali, ma un buon numero di questi non si era ancora attivato. Le campagne di raccolta sono state finora 401, organizzate da 369 imprese diverse, 170 solo negli ultimi 12 mesi, quasi una ogni 2 giorni. Il tasso di successo continua a mantenersi elevato: 75% nei primi 6 mesi del 2019, quando la media generale dell’intero campione dal 2014 è 71,7%. L’obiettivo medio di raccolta per i progetti non immobiliari è salito a 191.956 euro, ed è pari a 664.231 quello degli immobiliari. “L’aumento delle detrazioni e deduzioni fiscali per startup e pmi innovative potrebbe aver portato a un aumento dell’investimento medio”, ha commentato Giudici. Mediamente viene offerto in cambio il 10,4% del capitale (valore mediano 6,4%); si consolida la prassi di offrire titoli senza diritto di voto sotto una certa soglia di investimento (e votanti sopra la soglia).
La piattaforma che ha finalizzato e raccolto più capitale è Mamacrowd (al 30 giugno sfiorava i 22 milioni di euro) seguita da CrowdFundMe (vicina a 15 milioni ma con il maggior numero di campagne pubblicate) e Walliance (11,1 milioni). In media ogni campagna riceve il sostegno di 85,6 investitori. Le campagne di equity crowdfunding sono effettuate soprattutto dalle startup innovative (72% dei casi nell’ultimo anno), in particolare di Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. Le emittenti che hanno avuto successo hanno in media 3 componenti, nessuna donna e un’eta media di 42 anni. Gli investitori sono soprattutto maschi di età media sui 45 anni, il 30% di loro investe tra 1.000 e 5.000 euro e la maggior parte in una sola campagna; il recordman è un investitore seriale che ha partecipato a 94 campagne.
Tuttavia, solo 5 imprese su 50 hanno mantenuto le promesse fatte in sede di business plan dopo una campagna di equity crowdfunding. “Questi numeri sono in linea col fatto che le emittenti sono soprattutto startup innovative, che per loro natura hanno un basso tasso di successo”, ha spiegato Giudici. Come anticipato da BeBeez nei giorni scorsi, di quei 233 emittenti che hanno chiuso una prima campagna con successo, ce ne sono 5 che sono andati in liquidazione e 7 che hanno annunciato eventi successivi di vario tipo (tra exit ed eventi particolari come acquisizioni o rimborsi). Per contro, delle 101 società che non hanno avuto successo nella loro prima campagna di equity crowdfunding, soltanto una ci ha riprovato e ha avuto successo, mentre ben 13 sono state liquidate, ma in ogni caso ce ne sono ancora 87 ancora attive (si veda altro articolo di BeBeez). L’equity crowdfunding per ora ha compiuto la prima fase del suo ciclo, con le prime exit, dismissioni e write-off.
In tema di equity crowdfunding Toni Marcelli di Consob, nel suo intervento alla tavola rotonda ieri al Politecnico, ha ricordato che è in corso la consultazione di Consob per una proposta di modifica del Regolamento sull’equity crowdfunding (si veda altro articolo di BeBeez), che la consultazione si conclude il 20 luglio e che entro la terza settimana di settembre dovrebbe essere approvato il regolamento da Consob. Riguardo la proposta di un portale che funga da bacheca per pubblicare le offerte e le domande di quote di aziende acquistate nell’ambito di una campagna di equity crowdfunding, avanzata da Alessandro Lerro, presidente dell’Associazione Italiana Equity Crowdfunding nel suo intervento, Consob teme che le bacheche gestite dalle piattaforme di equity crowdfunding diventino un mercato secondario. Quest’ultimo invece dovrà essere gestito da intermediari autorizzati a raccogliere gli ordini, come sim, banche o Borsa Italiana.
Riguardo il lending crowdfunding, al 30 giugno 2019 risultavano attive in Italia 6 piattaforme destinate a finanziare persone fisiche (consumer) e 7, più 3 in partenza, per le imprese (business), di cui ben 3 specializzate nel real estate. In ambito business aumentano le piattaforme che offrono il modello di investimento ‘diretto’, dando possibilità di scelta immediata al finanziatore su come allocare i prestiti, mentre in quello consumer prevale il modello ‘diffuso’, con il denaro suddiviso su tanti crediti diversificati.
Nel prestito ai privati, Younited Credit è sempre leader con un totale erogato di 220 milioni di euro (107 negli ultimi 12 mesi) ma non raccoglie dai piccoli risparmiatori di Internet, mentre Smartika ha più prestatori
attivi. La raccolta totale del mercato è stata di 279,3 milioni di euro, di cui 122 milioni nell’ultimo anno (+40% rispetto al flusso dell’anno prima). Nel prestito alle imprese, l’erogato complessivo è stato di 156,3 milioni, con Borsadelcredito.it, October e Prestacap che occupano il podio. Sono diverse le piattaforme che hanno fatto leva sugli investitori istituzionali attraverso fondi di credito, cartolarizzazioni e accordi per moltiplicare le risorse a disposizione e scalare le attività. Il volume complessivo cumulato è di 156 milioni di euro, con un contributo dell’ultimo anno di 84 milioni (+48% sul flusso precedente). La crescita del lending crowdfunding è stata trinata dagli investitori istituzionali. Il Politecnico di Milano prevede tra un anno il sorpasso del segmento business rispetto a quello consumer, con 130 milioni di euro di valore di sorpasso.
Il mercato del crowdinvesting è trainato dai progetti real estate. Siamo passati in un anno da 2 a 6 piattaforme attive, oltre a quelle in partenza, che in totale hanno raccolto 15,6 milioni di euro: 8,8 milioni di euro spalmati su 8 progetti con l’equity crowdfunding e altri 6,8 milioni per 30 progetti in ambito lending. In particolare sul fronte dell’equity crowdfunding si segnalano poche operazioni ma con target più alti e tasso di successo del 100%. Questo sarà il settore di maggiore crescita del crowdinvesting nel prossimo anno, con un target di 30 milioni di euro. Tuttavia, essendo un settore nuovo, permane ancora una certa diffidenza dei risparmiatori. Andrea Maffi, coo e fondatore della piattaforma Trusters, ha raccontato nel suo intervento che molte persone prima di investire nelle campagne si recano di persona a controllare che i cantieri e i dipendenti di Trusters esistano. Per superare questa diffidenza, la società sta mettendo dei cartelli fuori dai cantieri e organizzando delle investor night per spiegare nel modo più semplice possibile come funziona il crowdfunding.
Giudici ha infine fatto notare che il nostro paese è partito con il crowdinvesting 3 anni dopo rispetto a Francia e Germania e 6-7 anni dopo la Gran Bretagna. Un altro problema sollevato da Giacomo Bertoldi, ad di Walliance, consiste nel fatto che gli investitori stranieri che vogliono aderire alle campagne di crowdfunding in Italia non sono registrati dalle Camere di Commercio in assenza del codice fiscale. Un ulteriore criticità riguarda l’ignoranza delle aziende stesse, che dovrebbero formarsi e informarsi sulle forme di crediti complementari al crediti bancario, ha spiegato Leonardo Frigiolini, presidente di Fundera. Per Sergio Zocchi, ad di October Italia, il ritardo del nostro paese è dovuto anche al quadro regolamentare complesso a livello europeo: i regolamenti sul tema sono perlopiù locali, limitando l’espansione geografica degli operatori. Sono in atto discussioni per varare una regolamentazione europea, riducendo differenze e limiti delle legislazioni locali.