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Miart, un viaggio a Milano

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Impossibile seguire tutto o anche solo buona parte di una settimana febbrile di eventi che si lega alla settimana del Salone del Mobile.

Abbiamo scelto un breve percorso a tappe che è partito con Immersione libera, un progetto di Marina Nissim a cura di Giovanni Paolin, in collaborazione con la Galleria Continua, l’Associazione Pierlombardo e il Teatro Franco Parenti, presentata il primo aprile (visitabile fino al 18 maggio) alla Palazzina dei Bagni Misteriosi, una collettiva che ospita gli artisti Alfredo Aceto, Agreements to Zinedine, Antonello Ghezzi, Calori & Maillard,Campostabile, Giovanni Chiamenti, Alessandro Fogo, Francesco Fonassi, Valentina Furian, Raluca Andreea Hartea, Ornaghi & Prestinari, Marta Spagnoli, realizzata con i curatori ospiti Giulia Colletti, Caterina Molteni, Treti Galaxie. Le parole d’ordine sono interazione, libertà e ricerca con la quale si sono misurati dodici giovani artisti, diversi per formazione e provenienza, attivi in Italia, chiamati a confrontarsi con uno dei luoghi più affascinanti di Milano, recentemente riscoperto e reso accessibile al pubblico, con l’invito a ideare nuove opere site-specific.

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La mostra non segue un unico filo conduttore, ma abbraccia un ampio ventaglio di proposte che spaziano tra linguaggi, materiali e tecniche differenti. Agli artisti coinvolti, infatti, è stata concessa la massima libertà di sperimentazione senza alcun vincolo o limite, con l’obiettivo di arricchire il percorso espositivo e i suoi significati attraverso punti di vista sempre nuovi e alternativi. Nella loro diversità, tutte le opere sono pensate per fondersi con lo spazio circostante e favorire, attraverso esperienze immersive, il coinvolgimento dei visitatori. Che si tratti di sculture, opere pittoriche, stampe, fotografie, proiezioni video e installazioni, entrano in dialogo con una serie di eventi temporanei realizzati a cadenza settimanale in collaborazione con i curatori ospiti.

“La Palazzina dei Bagni Misteriosi – ha dichiarato il curatore Giovanni Paolin – si trasformerà in una piattaforma aperta dove artisti e curatori potranno operare sull’ibridazione dei loro linguaggi, creando, attraverso una serie di eventi che andranno dal concerto alla conferenza fino alla performance, un calendario di eventi che coprirà totalmente il periodo dell’esposizione”.

 

I confini mobili di Milano, Ibrahim Mahama e la Fondazione Nicola Trussardi

Ibrahim MahamaDa martedì 2 a domenica 14 aprile 2019, la Fondazione Nicola Trussardi presenta A Friend, un’imponente installazione concepita appositamente per i due caselli daziari di Porta Venezia dall’artista ghanese Ibrahim Mahama (Tamale, Ghana, 1987), a cura di Massimiliano Gioni, direttore artistico della Fondazione e curatore dei progetti. L’installazione è realizzata in occasione dell’Art Week milanese, coordinata dal Comune di Milano, e rimarrà visibile anche per l’intera durata della Design Week.

La Fondazione Nicola Trussardi, come ha raccontato in conferenza stampa Beatrice Trussardi, da sedici anni ha scelto di essere itinerante nella città tra i luoghi più significativi, dialogando direttamente con la città per far riflettere su temi sociali urgenti attraverso gli sguardi degli artisti. Il percorso si inserisce in luoghi storici con significati stratificati nel tempo che l’arte con il suo sguardo empatico, rende più facilmente accessibili. Il progetto nasce in collaborazione con il Comune di Milano, in particolare l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno, indispensabile per le autorizzazioni complesse, con il sostegno di Confcommercio Milano, Spada Partners, Apalazzogallery e lo sponsor tecnico Belluschi 1911.

Massimo Giomi ha evidenziato come un artista di respiro internazionale, Ibrahim Mahama, dopo i suoi grandi interventi all’interno di importanti rassegne internazionali di arte contemporanea – dalla 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (2015) a Documenta 14 (2017) a Kassel e Atene – si sia cimentato su un luogo simbolo della città, il casello dei dazi del crocevia di Porta Venezia, una delle sei porte principali della cinta urbana, che sorge sullo stesso asse viario su cui erano sorte in precedenza le omonime porte di epoca romana, medievale e spagnola. Per secoli Porta Venezia è stata per Milano la porta d’Oriente, segnando il confine che delimitava il territorio urbano rispetto alla campagna, luogo che storicamente ha contribuito a definire la topografia di Milano e la relazione tra la città e il mondo esterno, ricorrente tanto nella vita quanto nelle cronache: dall’ingresso della peste che devastò la città con l’epidemia del XVII secolo, passando per le descrizioni nelle pagine de I Promessi Sposi, fino ad arrivare ai quartieri multietnici che oggi si articolano intorno a questo snodo fondamentale. A Friend, il titolo dell’opera, è quindi un omaggio al tema del confine che oggi si inserisce in uno dei quartieri tipicamente multietnici della città a forte presenza africana. L’idea dell’opera nasce nel 2012 quando Mahama attraversa il confine tra il suo paese e il Burkina Faso per andare a trovare un amico. Le zone di confine sono sempre difficili e nota i tanti camion con merci stivate in sacchi di juta che incontrano meno intoppi delle persone. La juta diventa allora simbolo di libertà e metafora di una seconda pelle. L’installazione, perfettamente reversibile, ha comportato un lavoro enorme che non si vede e che è la vera anima dell’opera, autorizzazioni a parte, con l’intervento di squadre alpine che hanno montato, senza un solo chiodo i sacchi di juta per ricoprire il monumento. Centinaia di persone hanno collaborato al collage dei sacchi, alcuni dei quali erano già stati esposti a Kassel e a Venezia. Si tratta di 10mila sacchi, su 5mila metri quadri, per 85 metri di perimetro e 25 metri di altezza,, con una qualità pittorica accurata nella scelta delle singole tele. Alcune presentano dei nomi e il riferimento è ai lavoratori migranti che in Ghana che sono soprattutto impiegati nelle piantagioni, per raggiungere le quali affrontano viaggi perigliosi. E’ così che molti di loro si scrivono sulla pelle o si tatuano il proprio nome e delle informazioni essenziali, come il villaggio di provenienza, per essere riconsegnati ai propri cari nel caso di decesso. L’installazione è quindi anche un richiamo a non dimenticare l’individualità e l’unicità della persona umana che diventa un numero, un anello anonimo della catena di montaggio alla stregua delle merci. Un precedente di intervento forte sulla città era stato in occasione Festival del Nuovo Realistico con l’artista Christo che negli anni Settanta aveva impacchettato i monumenti a Leonardo da Vinci e a Vittorio Emanuele in Piazza Scala e Piazza Duomo. Se in quegli anni le azioni di Christo sembravano criticare il mondo dei consumi, oggi le “dimostrazioni civili” – come le descrive l’artista – di Mahama raccontano un mondo assai più complesso di tensioni globali.

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Teresa Maresca all’Acquario, l’incontro visionario tra uomo e natura

Con Song of Myself a cura di Raffaella Resch (curatrice anche del catalogo con un testo critico di Paolo Biscottini) l’elegante edificio liberty di inizio Novecento che ospita l’Acquario Civico di Milano – che ha sede nell’edificio progettato dall’architetto Sebastiano Locati in occasione dell’Esposizione Universale del 1906 – ha accolto per due giorni tra le sue pareti e le sue vasche la mostra Teresa Maresca Song of Myself, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura e dall’Acquario – Civica Stazione Idrobiologica di Milano. L’esposizione, a è parte del programma Milano Art Week 2019 (1-7 aprile), palinsesto del Comune di Milano dedicato all’arte moderna e contemporanea.

L’artista – che è nata e vive a Milano, con un’arte figurativa e visionaria – pone al centro dell’indagine il rapporto tra uomo e natura, traendo il suo titolo dalla raccolta poetica del poeta americano Walt Whitman (1819-1892), di cui proprio nel 2019 si celebrano i 200 anni dalla nascita. L’omaggio a Whitman è duplice, al poemetto undicesimo di Song of Myself, in cui ventotto uomini si bagnano di notte nel fiume; e al Canto della Sequoia, la Red Oak Tree che nel testo di Whitman prende la parola in prima persona, come simbolo della sterminata e incontaminata natura americana. Artista dedita alla pittura, al disegno e all’incisione, mossa da un motivo ispiratore non di rado mutuato dalla poesia e dalla filosofia, Maresca elabora composizioni di grande impatto richiamando gestualità e cromatismi dei Neue Wilden, il movimento neoespressionista berlinese dei Nuovi Selvaggi, ma anche il Realismo Magico di Peter Doig, tendenze che si contraddistinguono entrambe per una costante riflessione sul ruolo dell’uomo nell’ambiente.

L’Acquario, sede quanto mai appropriata della mostra, raccoglie  circa trenta opere di grandi dimensioni (olio e acrilico su tela) afferenti a due grandi cicli pittorici permeati dal tema centrale dell’acqua: Song of Myself (Men at Bath), del 2017, e Swimming Pools, del 2009.

Il ciclo Song of Myself, esposto al di sotto del luminoso lucernario che fa da copertura al Giardino d’Inverno dell’Acquario, è costituito da una serie di 18 grandi dipinti ad olio e acrilico su tela dedicata al tema degli «uomini bagnanti», inserita nel solco del pensiero naturalista americano già nella seconda metà dell’Ottocento. Nella pittura europea, invece, il soggetto dei bagnanti nudi al maschile è emerso dal ‘900 in poi, affiancandosi al tema classico della donna bagnante già noto nella storia dell’arte, dalle Veneri degli affreschi romani alle dee nascenti dalle acque rinascimentali, fino ad arrivare a Les Demoiselles d’Avignon picassiane. In pittura, il tema del bagnante maschile diventa decisivo con Munch (Bagnanti, 1904 – 1905), dove i corpi nudi rimandano a una concezione della natura primigenia, fonte di energia, concetto che attraverserà l’Espressionismo fino ai recenti Nuovi Selvaggi.

Nel pensiero americano dell’Ottocento, con la filosofia trascendentalista di Emerson e di Thoreau, la figura maschile in relazione alla natura era invece già ben consolidata. L’uomo possente in cammino attraverso le acque dei grandi fiumi americani rappresentava la fondazione del Nuovo Mondo, «finalmente proporzionato alla natura», come scrive Walt Whitman.

Così come vengono evocati nelle poesie di Whitman, nelle tele della Maresca si scorgono i corpi eroici dei bagnanti maschili immergersi nel fiume notturno, alla luce della luna che inonda il paesaggio acquatico di riflessi, proprio come in «Ventotto giovani», l’undicesimo poemetto di Song of Myself. La luna tinge di un’illuminazione surreale boschi e specchi d’acqua, in un notturno quasi cinematografico che come un sussulto ottico diffonde colori innaturali all’ambiente. Scrive il critico Paolo Biscottini, nel saggio Song of myself. Pittura come poesia: «L’opera pittorica muove dunque da un’emozione, in questo caso suscitata dai versi di Whitman, per divenire immagine dell’anima, sosta nel tempo magico di ciò che era e sarà».

Al piano terra dell’Acquario Civico, in dialogo con la sala delle vasche, si trova invece una selezione di opere tratte dal ciclo Swimming Pools. Le piscine americane di Maresca diventano specchi d’acqua dai colori fluo, contornati da bordi di cemento e palmizi, su cui solo raramente si riflettono figure umane, ombre vibratili, a testimonianza della perenne ricerca dell’artista di un rapporto tra uomo e ambiente. Il ciclo è ispirato al film cult Un uomo a nudo (The Swimmer, 1968, regia di Frank Perry) dove il protagonista (l’attore Burt Lancaster) compie un percorso metaforico di ritorno a casa, nuotando di piscina in piscina attraverso le ville dei suoi vicini. In mostra, anche alcuni collage realizzati con i fotogrammi del film.

Due schermi allestiti nella sala delle vasche, sempre al piano terreno, riprodurranno i due video curati dall’artista per le edizioni Pupillaquadra, rispettivamente Swimming Pools e Song of Myself.

 

Ipervisualità, quando la video art è narrazione

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Intrigante, raffinata, coinvolgente l’iniziativa a palazzo Dugnani, di fronte ai Giardini di Porta Venezia, legata all’Ipervisualità, “quando l’invisibile diventa visibile”, opere video della Collezione Wemhöner (in mostra fino al 14 aprile) a cura di Philipp Bollman. Un lavoro sul tempo e sull’arte visiva che restituisce le tracce del fluire.

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Dimenticate la solita video arte, fredda spesso, dove il video è un nuovo mezzo di comunicazione ma non una vera e propria scelta narrativa. A Palazzo Dugnani la video arte diventa cinema e si sposa in modo contraddittorio ma dialettico con l’ambiente settecentesco. Troppo spesso vediamo solo accostamenti che restano giustapposizioni per stupire che mettono insieme antico e moderno. In questo caso i video hanno un sapore ‘antico’, si sposano con quanto è affrescato intorno e si ambientano, prendono vita come su un fondo scenico.

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L’effetto è l’essere trasportati in una dimensione onirica, che la grande dimensione delle opere aiuta, a rendere una sorta di quarta parete. Lo spettatore è dentro la storia e si chiede se si trova nel video e guarda gli affreschi e le stanze del palazzo o viceversa. In ogni caso se l’arte è emozione l’intento è totalmente riuscito. La scelta è tra l’altro molto raffinata, in sospensione tra la freddezza del mondo contemporaneo e il sogno senza tempo, il gioco del cinema nel cinema.

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Strepitoso di Yang Fudong New Women (del 2013), video installazione a 5 canali che narra la vicenda di donne orientali nude, in bianco e nero, all’interno di una sorta di casa della mente. Leggermente conturbante, delicato, non estetizzante malgrado la sublime eleganza e la malinconia diffusa di una solitudine totale, nella quale le giovani donne sono immerse: in dialogo con gli oggetti, modelli di architettura, un pianoforte, un libro, i fiori, ma non tra di loro. In Deep Gold di Julian Rosefeldt, film monocanale di 18 minuti, l’atmosfera è straniante come in un film di Buñuel, qualche collega ci ha visto anche un certo Fellini. In Fragile di Masbedo alias Niccolò Massazza e Iacopo Bedogni, del 2016, film monocanale di quasi 8 minuti, il pavone sembra staccarsi dagli affreschi e c’è un lavoro di contaminazione che non è solo collage tra l’ambiente e l’opera inquietante e divertente ad un tempo. Nelle altre stanza Playtime del 2014 di Isaac Julien con una proiezione a doppio canale e di Julian Rosefeldt The Swap del 2015; di Masbedo anche 2’ 59’’.

Il tema dichiarato è il tempo invisibile del quale visibili sono le tracce che lascia nello spazio, ma in fondo è la vita vissuta dalle varie angolature. Alle pareti e soffitti di Palazzo Dugnani, costruzione della fine del XVII secolo che tra il 1758 e il 1846 fu un importante luogo di ritrovo artistico e di mondanità – dimora dell’omonima famiglia – gli affreschi di Giovan Battista Tiepolo (nel salone principale decorato nel 1731). La mostra con il suo “iper” visuale vuol essere un ponte tra il visibile e l’invisibile e pone l’accento sulla sovrabbondanza (iper) di immagini. C’è sicuramente la critica alla società mediatica che bombarda di immagini e per la quale le immagini, i fantasmi si sostituiscono alla realtà ma anche quel movimento di sforamento che l’immagine, la fantasia produce attraversando il tempo e fissandolo nello spazio della rappresentazione.

 

L’ultima cena dopo Leonardo

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Non poteva mancare nell’edizione 2019 una riflessione dell’arte contemporanea sul Cenacolo vinciano con una mostra, a cura di Demetrio Paparoni, inaugurata il 2 aprile in allestimento fino al 30 giugno a Palazzo delle Stelline – proprio di fronte Santa Maria delle Grazie – che riunisce alcuni artisti di tradizioni diverse, invitati a rileggere il capolavoro con un linguaggio contemporaneo. Si tratta dell’anglo-indiano Anish Kapoor; del cinese Wang Guangyi la cui opera è la locandina dell’esposizione; di Nicola Samorì; di Robert Longo; e ancora Masbedo, il duo che riunisce Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni; e Yue Minjun.

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Un’operazione riuscita, di grande suggestione con lavori raffinati, dove il rosso e l’ora, il chiaroscuro giocano un ruolo fondamentale, che non giocano con la propria notorietà, attenendosi al tema con una ricerca filologica, fatta eccezione per Anish Kapoor, il primo che incontriamo presente con due opere – Flayed II e Untitled che racconta la propria condivisione con lo spirito leonardesco in termini di ricerca sul rapporto arte e scienza, visibile e invisibile, con una lavorazione in silicone con bianco e rosso che ormai potremmo definire “Kapoor”, in una dimensione che è quasi di carne viva, prefigurazione del sacrificio. Nella prima delle due opere la tovaglia macchiata del vino diventa sudario del sacrificio con sangue e riprende l’attenzione del Genio fiorentino per i panneggi dei tessuti. Wang Guangyi sceglie la rappresentazione fedele della scena disegnata in rosso su sfondo nero come un grande polittico formato da 8 tele, l’opera più monumentale del ciclo New Religion, che riecheggia l’idea della lacca cinese e alcune tecniche pittoriche del suo paese come l’effetto di colature sullo sfondo nero che sembrano gocce di pioggia; oltre il profilo delle sagome umane che ricordano i paesaggi montuosi cinesi. Nicola Samorì, pittore e scultore, nato a Forlì nel 1977 che vive a lavora a Bagnacavallo, con una presenza in mostre e musei internazionali, offre una ‘riproduzione’ dell’ultima cena di grande suggestione, su lastra di rame, che svela un lavoro complesso. Preziosa, con un forte richiamo all’antico, la figura del Cristo al centro è invece ridotta alla sagoma perché il volto è grattato via e offerto nel riflesso luminoso sulla tavola, come fosse la sua immagine in uno specchio con un effetto che è quasi un panneggio. Decisamente originale.

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Robert Longo, americano di New York dov’è nato nel 1953, è un pittore e scultore che si è concentrato sul solo volto del Cristo, riprodotto in una dimensione più grande del reale, che mostra i segni, le rughe e le cicatrici dell’ultimo restauro, disegnato con carboncini in diverse tonalità di nero. L’immagine appare come una gigantografia in chiaro scuro esasperato, racchiusa in una cornice di foglia d’oro, alla cui base è appeso un sacchetto con i trenta denari, il prezzo del tradimento. Ha deciso che l’opera Untitled (Head of Christ) debba essere esposta su una parete rossa, immergendo idealmente il Cristo nel colore del vino offerto in simbolo del sangue per la remissione dei peccati.

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Mabedo sceglie invece la memoria di Leonardo attraverso la cura dell’opera stessa con un video Madame Pinin di due minuti e 24 secondi concentrati sulle mani di Pinin Brambilla Barcilon che per oltre 22 anni ha lavorato al restauro dell’Ultima cena. Mani vecchie e invecchiate dal lavoro che presentano la grazia dell’artista, mani che potrebbero suonare un piano o un’arpa e che nel loro iperalismo, grazie ad una leggera colorazione verde come un diluente, sembrano immagini rinascimentali. Interessante anche l’effetto pittorico dei pochi e sobri gioielli in oro indossati, che assumono l’idea del quadro nella serie di scatti fissati in un grande pannello, dove la narrazione continua ad essere arte e non documentario.

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Infine, in Digitalized servival di Yue Minjun, la pittura segue fedelmente l’architettura dell’opera di Leonardo prendendo a modello una delle foto che si trovano nei libri e riproducendo con cura in alto la cornice sbaccellata che sovrasta il dipinto nonché la porta che accedeva al refettorio. L’artista svuota però la scena della presenza umana, sostituendola con numeri rossi che non hanno un significato allegorico ma segnalano come la vita sia incomprensibile e i numeri siano il simbolo di questo discrimen tra comprensibile e incomprensibile.

La luce inonda il dipinto e lascia libera l’immaginazione di ricostruire la scena.

 

Lavori in corso con Vittorio Corsini nella Galleria d’Arte Frediano Farsetti Abbiamo concluso il nostro viaggio con un evento nella storica Galleria Farsetti (con sedi a Milano e Cortina) della quale abbiamo parlato a proposito della presenza a Miart dove è esposta un’opera di Vittorio Corsini, artista nato a Cecina in provincia di Livorno nel 1956, che vive e lavora a Milano al quale è dedicata l’esposizione nella Galleria di Via Manzoni, per creare un ponte con il contemporaneo.

Vittorio Corsini

Terminare il viaggio con una manifestazione che parla di lavori in corso esprime lo spirito della nuova ricerca che non ha fine. Farsetti lo fa con un progetto in partnership con Fabio e Paolo Gori che aprono all’interno della loro azienda, la Gori Tessuti, a Calenzano vicino Firenze, Arte in Fabbrica, un nuovo spazio espositivo, una formula particolare che unisce arte e lavoro, la cui apertura al pubblico è scandita dagli orari di lavoro. I fratelli Gori, che hanno stoccaggio di tessuti, hanno contribuito alla realizzazione dei costumi e degli arredi de Il Gladiatore, Pirati dei Caraibi, Aladdin, La la Land e a molte altre produzioni di successo e hanno scommesso sulla contaminazione tra arte e produzione. Il ponte tra il lavoro in galleria Farsetti e nell’azienda Gori è in questa prima tappa Vittorio Corsini con il doppio progetto espositivo si intitola UNSTABLE –  ENVIROMENTS  è concepito appositamente per i due spazi ed è a cura di Marco Scotini.

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Sorprendente l’allestimento con la galleria completamente pitturata con una mano non finita e ricoperta di carta bianca e scotch a cominciare dalla porta d’ingresso dove campeggia una scritta ironica e assurda. All’ingresso una grande impalcatura allude ai lavori in corso: sulle assi, a guisa di mensole, case di vetro soffiato in bilico su « rocce » di marmo, perché, ci ha raccontato l’artista, la casa è si un rifugio ma permeabile, che assorbe le energie dall’esterno e guarda fuori. Alcune sono realizzate in vetro soffiato non con l’antica tecnica veneziana però, in un materiale molto duro rispetto al vetro abituale, altre in cristallo, illuminate, perché questo materiale trattiene la luce senza dispersione.

A cura di Giada Luni



Aurélie Mathigot a Milano con la mostra Frange

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Aurelie Mathigot, collaborazione con Astier de Villatte, 2017, ceramica, dimensioni variabili

(Aurelie Mathigot, collaborazione con Astier de Villatte, 2017, ceramica, dimensioni variabili)

Dal 9 al 14 aprile 2019, in occasione della 58esima edizione del Salone del Mobile di Milano, ARCIPELAGO, progetto imprenditoriale dedicato all’innovazione nel settore culturale con la finalità di incoraggiare il dialogo tra Arte e Impresa, presenta la mostra Frange, incentrata sul lavoro dell’artista francese Aurélie Mathigot e sulle sue collaborazioni con il mondo del design.

Ospitata presso gli spazi del barber shop Tonsor Club e del salone di bellezza Les Garçons de la rue l’esposizione propone una serie di opere ibride, tipiche della produzione dell’artista, il cui filo conduttore è, letteralmente, quello di una matassa da cucito. Essa gioca sulla connessione tra gli universi dei due soggetti: l’arte del ricamo di Mathigot e l’arte del taglio dei professionisti di Les Garçons de la Rue, dipanando il senso del termine “frangia” sia nel versante dell’ornato tessile sia in quello delle acconciature.

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(Aurelie Mathigot, collaborazione con Astier de Villatte, 2017, ceramica, dimensioni variabili)

Aurélie Mathigot è nota per i suoi Volumes, sculture in corda, lana e cotone realizzate adoperando la tecnica dell’uncinetto; in esse oggetti di uso comune sono inglobati dalle trame tessili e perciò sottratti al loro ordinario e funzionale impiego. Rappresentare l’oggetto, privato del suo significato originario, conduce a invertire il canone del consueto e costringe l’attenzione a riconsiderare le cose comuni, banali del nostro quotidiano. Ceramica, legno e tessuto si intrecciano, scultura e tessitura si abbracciano, si intersecano e si confrontano dando vita a opere di straordinaria eccentricità estetica.

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La mostra propone una selezione delle creazioni di Mathigot focalizzata sui lavori derivati dalle collaborazioni con svariati brand. Per Astier de Villatte Mathigot ha ricoperto alcune ceramiche (piatti, bicchieri, ciotole) con ricami crochet di corda dura, delle quali ha poi ricavato un calco.

Da questo prototipo originale gli artigiani di Astier de Villatte riproducono a mano ogni pezzo, che così si definisce a metà strada tra la serie e l’esemplare unico. Con PoParis!, azienda specializzata nella produzione di tappeti, l’artista ha avviato una ricerca sulle pratiche di fabbricazione di questi ultimi che è sfociata in un dialogo tra i diversi modi di lavorare differenti materie tessili. Dopo aver identificato la tecnica di nodi più vicina al suo lavoro di crochet, Mathigot ha ideato i modelli di alcuni esemplari, poi realizzati in Albania dalle mani esperte di donne che si tramandano da generazioni una particolare tradizione autoctona dell’annodatura.

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(Aurelie Mathigot, collaborazione con Astier de Villatte, 2017, ceramica, dimensioni variabili)

Per Macon&Lesquoy, marchio rinomato per le originali spille, Mathigot ha cucito a mano un modello ispirato ad una sua opera da cui ne è derivata una serie a tiratura limitata di soli 200 pezzi. Dalla collezione di Livette la Suissette l’artista ha preso la materia a lei più familiare, vvero il lino, ricamando sopra a cuscini ed altri elementi d’arredo delle vistose frange. Per l’eclettico brand parigino Merci Mathigot ha realizzato un pezzo unico assemblando stoffe di diversa foggia, colore e spessore. Pezze di lino, strofinacci fatti di ortica e corpose frange imbevute in tinte naturali si combinano in un’installazione dall’effetto altamente scenografico.

Assieme al ricamo, l’altro fuoco dell’ellisse della traiettoria artistica di Mathigot è la fotografia.

Aurelie Mathigot, veduta d'insieme di Photos Brodées

(Aurelie Mathigot, veduta d’insieme di Photos Brodées)

La serie Photos Brodées si compone di istantanee stampate su tela, in seguito ricamate in  specifici punti con materiali estranei, quali cotone, lana, perline, al fine di intensificare certe aree dell’immagine. Da superfici inizialmente piatte, tali opere si dinamizzano grazie al movimento dato dall’eterogeneità delle componenti aggiunte, spiazzando la percezione con un’impressione di trompe-l’oeil e istituendo un doppio coinvolgimento, visivo e tattile, che assieme all’occhio attira anche la mano.

Per Aurélie Mathigot la creazione di un rapporto con un luogo o un oggetto si concretizza di fatto in un’operazione di tessitura. Che si tratti di ricoprire determinate porzioni della rappresentazione fotografica di un paesaggio o di costituire una trama più o meno fitta intorno ad un oggetto di uso quotidiano, se c’è qualcosa che per Aurélie Mathigot deve rimanere presente in tutte le forme del suo lavoro è questa tessitura come metafora del legame, sentito quale mezzo di comunicazione potenzialmente illimitato.

Aurelie Mathigot, Attentive petite reveuse,130x97cm, foto stampata su tela, ricamo, perline

(Aurelie Mathigot, Attentive petite reveuse,130x97cm, foto stampata su tela, ricamo, perline)

L’arte dell’intrecciare offre quindi qualcosa di più della semplice attività oggettiva di tessere, si tratta di inventare una relazione: “si può arrivare a chiedersi se il rapporto del narratore con la sua materia, la vita umana, non sia essa stessa una relazione artigianale. Se il suo compito non consista proprio nel lavorare la materia prima delle esperienze vissute – le proprie e quelle degli altri – in un modo solido, unico e utile”.

Aurélie Mathigot ha esposto in molti prestigiosi musei internazionali, come il Centre Pompidou, il Palais de Tokyo, la Galerie Yvon Lambert, il Musée MAC/VAL di Vitry sur Seine, la Saatchi Gallery di Londra e la Galleria Rossana Orlandi di Milano. Lavora moltissimo con il Giappone, dove collabora attivamente con numerosi designer.

Aurelie Mathigot, Senza titolo, 2018, foto stampata su tela, fili, perle e ricamo, 65 x 65 cm (dettaglio)

(Aurelie Mathigot, Senza titolo, 2018, foto stampata su tela, fili, perle e ricamo, 65 x 65 cm (dettaglio))

ARCIPELAGO è un progetto imprenditoriale dedicato all’innovazione nel settore culturale. Un’agenzia di artisti che crea contenuti e produce eventi di arti visive, performative e digitali, con la finalità di incoraggiare il dialogo tra Arte e Impresa. La produzione spazia dalle tradizionali forme d’arte visiva alle più recenti ricerche contemporanee, comprendendo pittura, scultura, fotografia, installazioni, light art, land art, video art e performance. Il progetto si rivolge ad aziende e fondazioni, pubbliche o private, che intendano sviluppare il proprio impegno artistico nell’ambito della loro attività.

(a cura di Poalo Bongianino)

 

 

9 – 14 aprile 2019

Garçons de la rue, via Lagrange 1, Milano

Tonsor Club, Via Palermo 15, Milano

 


Four Partners Advisory lancia il nuovo marchio Four Arts

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Schermata 2019-04-07 alle 07.47.07

Schermata 2019-04-07 alle 07.47.07La società di consulenza finanziaria indipendente Four Partners Advisory ha lanciato il nuovo marchio Four Arts, dedicato a tutte le attività legate all’arte (si veda qui il comunicato stampa). Il nuovo marchio permetterà di dare risalto alle iniziative della società con fondazioni come il Fai o soggetti privati quali gallerie d’arte e associazioni concertistiche.

Contestualmente al nuovo marchio, la società ha inaugurato una mostra all’interno dei suoi uffici, realizzata con la galleria Valmore studio d’arte. E’ esposta una collezione di opere di arte italiana della seconda metà del ‘900 che parte dalla Pittura Informale degli anni ’40 e dal suo sbocco nel Movimento Spaziale, per arrivare alla Pittura Analitica degli anni ‘70.

Four Partners Advisory SCF spa è stata fondata nel 2007 da Guido Tugnoli, Simone Rondelli, Domenico Romeo e Alberto Manzonetto, professionisti provenienti da una lunga esperienza in JP Morgan. La società fornisce consulenza finanziaria indipendente dedicata a patrimoni familiari o imprenditoriali.


Apre il Vinitaly, ecco la classifica delle aziende vinicole secondo Mediobanca

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vino Mediobanca E’ stato inaugurato ieri il Vinitaly 2019 a Verona, la maggiore manifestazione italiana dedicata al mondo del vino. Per le aziende vinicole italiane, è un’ottima occasione per brindare al 2018 e al 2019: il primo è stato un anno positivo e per il secondo sono ottimiste. Lo rileva l’Indagine sul settore vinicolo a cura dell’area studi di Mediobanca, diffusa venerdì scorso.

Nel 2018 il fatturato del 7,5% (contro il -4,6% di quello del settore alimentare), grazie soprattutto alle vendite domestiche in salita del 9,9%.  A livello di singole aziende, la prima per fatturato è Cantine Riunite-Giv (615 milioni di euro), seguita da Caviro (330 milioni) e da Antinori (230 milioni). Zonin 1821, partecipata da 21 Invest (si veda altro articolo di BeBeez), si colloca al quinto posto in classifica.

Botter (partecipata dal fondo IdeA Taste of Italy dal gennaio 2018, si veda altro articolo di BeBeez) è prima in classifica per fatturato generato all’estero (95% del totale), seguita da Farnese Vini (controllata da NB Reinassance dal 2016, si veda altro articolo di BeBeez) e Ruffino. L’export è molto importante anche per le 10 società vinicole del programma Elite di Borsa Italiana, dove il 73,4% del fatturato è generato all’estero. Le aziende vinicole inoltre sono molto solide: nel 2017 il 70% era investment grade. Se guardiamo alla bontà dei loro bilanci (misurata dallo z-score), le migliori sono le venete Mionetto e Botter, seguite dalla toscana Ruffino. A livello regionale, le aziende toscane sono le più solide, efficienti e vocate all’export. Le 14 maggiori società vinicole internazionali hanno realizzato nel 2017 un fatturato totale di 5,7 miliardi di euro (+1,2% rispetto al 2016), con un ebitda del 18,9%.

Per quanto riguarda la distribuzione del vino, dominano la Gdo (38,8% delle vendite) e l’Ho.Re.Ca. (17,1%), mentre per esportare ci si affida all’intermediario importatore. All’estero le vendite sono salite del 5,3% rispetto al 2017. La maggior parte delle esportazioni avviene verso altri paesi europei (52% del totale, +5,6%), seguiti dal Nord America (32,3% del totale, +Asia (5,7% del fatturato, in crescita del 42,2% rispetto al 2017).

Per il 2019, prevale l’ottimismo: l’82,6% degli intervistati prevede di non subire un calo delle vendite; il 10,5% crede in un aumento del fatturato in doppia cifra e il 17,4% si aspetta una flessione dei ricavi. Le attese per l’export sono simili ma vi è maggiore fiducia.

Quanto agli investimenti, secondo Mediobanca nel settore quelli materiali sono saliti del 25,9%. Mediobanca non dice nulla sul fronte dell’m&a, ma secondo BeBeez Private Data, nel 2018 si sono contate dieci operazioni di private capital che hanno riguardato il settore nel senso più ampio del termine e quindi considerando produttori di vino, ma anche di addititivi, gestori di enoteche e piattaforme di ecommerce. In particolare, si sono contati tre round di venture capital (Tannico e Viniexport) due campagne di equity crowdfunding (Winedelivery e Osteria Rabezzana), tre investimenti di private equity (Botter, AEB, Zonin) e tre emissioni di minibond (due emessi da Conte Tasca d’Almerita, uno da Velenosi) (si veda il Report Agrolimentare 2018 di BeBeez, riservato agli abbonati di BeBeez News Premium 12 mesi, scopri qui come abbonarti a soli 20 ero al mese per 12 mesi)).

 


Guala Closures, sotto la lente dei fondi, chiude la settimana con un balzo del titolo del 10% in due giorni

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Il titolo Guala Closures a Piazza Affari
Il titolo Guala Closures a Piazza Affari

Il titolo Guala Closures a Piazza Affari

Ha chiuso la scorsa settimana con un doppio rialzo a Piazza Affari il titolo Guala Closures,  gruppo leader mondiale nella produzione di chiusure di sicurezza per liquori, vino, olio e aceto, acqua e bevande e prodotti farmaceutici, dopo indiscrezioni di stampa che riferivano potenziale interesse da parte di fondi di private equity, tra i quali si fanno i nomi di Astorg e Advent.

Il titolo, infatti, è depresso da novembre, quando nel giro di un mese le quotazioni sono crollate da circa 7,5 euro sino al minimo di 5,34 euro, a seguito della diffusione di stime al di sotto delle attese per i risultati 2018. Il gruppo, infatti, aveva Schermata 2019-04-08 alle 06.00.09annunciato ricavi per 520-535 milioni e un ebitda rettificato di 105-109 milioni di euro, che significa -5%/-8% rispetto alle linee guida fornite al mercato in agosto. In particolare, aveva spiegato Guala, sulle vendite pesava un effetto cambi negativo di 24 milioni che sull’ebitda diventava pari a 5 milioni (si veda qui il comunicato stampa).

Le quotazioni, poi, si sono risollevate gradualmente nei mesi scorsi sino a poco sopra i 6 euro, anche perché a metà febbraio il gruppo ha comunicato i risultati preliminari 2018 che alla fine, almeno sul fronte dei ricavi, si sono rivelati ben migliori delle stime e che sono stati poi confermati lo scorso 19 marzo (si veda qui il comunicato stampa e qui la presentazione agli analisti). I ricavi del gruppo sono infatti stati pari a circa 580 milioni di euro a cambi costanti (+8,5%) e a 543 milioni a cambi correnti (+1,5%), mentre l’ebitda rettificato è stato pari Schermata 2019-04-08 alle 06.07.31a circa 112 milioni a cambi costanti (+1,4%) e a circa 105 milioni a cambi correnti (-5,5%), con un debito finanziario netto ’indebitamento finanziario netto di circa 453 milioni, in miglioramento rispetto ai 553 milioni di fine dicembre 2017, con un leverage ratio che è sceso da 4,8 volte a 4 volte, come risultato dei capitali freschi iniettati grazie alla quotazione lo scorso 6 agosto (si veda altro articolo di BeBeez) e del rifinanziamento dei bond in circolazione a condizioni più favorevoli.

Il titolo, poi,  a seguito dei rumor di stampa, è balzato in due giorni, giovedì e venerdì scorso, sino a 6,64 euro. Per una capitalizzazione che oggi è tornata poco sopra i 400 milioni, ma che il giorno della quotazione a 10 euro era di circa 600 milioni.

Guala era tornata in Borsa sul segmento Star di Borsa Italiana  a seguito della sua business combination con la Spac Space4, la Spac (Special Purpose Acquisition Company) quotata sul mercato Miv dal dicembre 2017 (si veda altro articolo di BeBeez), dopo aver raccolto 500 milioni di euro dagli investitori, e promossa da Sergio Erede, Gianni Mion, Roberto Italia, Carlo Pagliani e Edoardo Subert, riuniti in Space Holding srl. Attualmente Guala annovera tra i suoi soci il fondo attivista Amber, il private equity Peninsula Capital con il 10%, la holding Mojto Luxco 2 con il 5,6% e il presidente Marco Giovannini con il 24,2%.

Guala Closures era stata quotata a Piazza Affari nel novembre 2005 e poi delistata nel 2008 a seguito di un’opa lanciata da un veicolo che faceva capo a Dljmb Overseas Partners IV, fondo di private equity gestito da Dlj Merchant Banking,  allora indirettamente controllato da Credit Suisse Group. Nel 2014, dopo lo spin-off delle attività di private equity da Credit Suisse, Dlj Merchant è diventata una casa di investimento indipendente ribattezzata aPriori Capital Partners. Intesa Sanpaolo a sua volta aveva acquistato una partecipazione nel capitale della holding GCL Holdings sarl (controllante di GCL Holdings sca) pari al 20%, ma  l’aveva poi trasferita nell’aprile 2015 al veicolo Melville srl, il quale a sua volta era stato acquistato per il 72% da NB Reinassance e da Private Equity Opportunities Fund II SCS-SIF, gestito da SwanCap Investment Management sa, la casa di private equity nata nel 2013 dallo spin-off delle attività di private equity di HVB (gruppo Unicredit). Poi sono arrivate la business combination con Space4 e appunto di nuovo la quotazione.

Guala Closures, fondata nel 1954, oggi opera in 5 continenti con 27 insediamenti produttivi e una struttura commerciale presente in oltre 100 paesi. Nell’ottobre 2017 ha comprato il del business delle chiusure a vite di Icsa (Industria Corcher), società cilena specializzata nella commercializzazione di prodotti per l’industria del vino in Sud America (si veda altro articolo di BeBeez). Nel dicembre 2018 l’azienda ha acquistato per 21,1 milioni di euro la United Closures and Plastic, produttore scozzese di chiusure specializzato in superalcoolici precedentemente in mano al gruppo inglese Rpc (si veda altro articolo di BeBeez).

 


Gabriele Del Torchio ceo di Design Holding e di B&B Italia

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del torchio
del torchio

Gabriele Del Torchio, il nuovo ceo                           di Design Holding e B&B Italia

Design Holding, gruppo globale nel settore dell’arredamento design di alta gamma creato dai fondi Investindustrial e Carlyle, che comprende B&B Italia, Flos e Louis Poulsen, con le rispettive controllate, ha nominato Gabriele Del Torchio ceo della società e ceo di B&B Italia  (si veda qui il comunicato stampa).

Del Torchio, noto manager con passato in Ferretti Group, Il Sole 24 Ore, Alitalia e Ducati, sostituisce Armin Broger nel ruolo di amministratore delegato di B&B Italia. Piero Gandini è il presidente di Design Holding, mentre Giorgio Busnelli, presidente di B&B Italia, è vicepresidente.

Design Holding è stata fondata nel dicembre 2018, dopo l’annuncio del progetto lo scorso settembre (si veda altro articolo di BeBeez). Design Holding al momento include le tre società prima controllate da Investindustrial (appunto B&B Italia, attiva nel settore dell’arredamento, Flos e Louis Poulsen in quello dell’illuminazione) che sono state apportate al nuovo gruppo, al quale i fondi di Carlyle e Investindustrial conferiranno poi le risorse finanziarie necessarie a proseguire l’attività con ulteriori acquisizioni in diverse nicchie del settore del design di alta gamma.

I fondi di Carlyle e Investindustrial hanno quote paritetiche nel nuovo gruppo e investono al fianco della famiglia Busnelli, fondatrice di B&B Italia, e di Piero Gandini, fondatore di Flos, che hanno una quota di minoranza. Il gruppo è partito ricavi consolidati per oltre 500 milioni di euro.


Banca Illimity lancia la piattaforma di servicing Neprix e avvia una partnership con IT Auction

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Renato Ciccarelli (IT Auction), Andrea Battisti (Neprix) e Andrea Clamer (Illimity)
Renato Ciccarelli (IT Auction), Andrea Battisti (Neprix) e Andrea Clamer (Illimity)

Da sini, Renato Ciccarelli (IT Auction), Andrea Battisti (Neprix)                  e Andrea Clamer (Illimity)

Illimity, la banca nata dalla business combination tra la Spac Spaxs Banca Interprovinciale, ha presentato venerdì scorso la sua piattaforma di servicing di Npl Neprix e la partnership con It Auction srl, per commercializzare beni a garanzia dei crediti. La presentazione è avvenuta in occasione dell’evento NPE R-Evolution organizzato da Credit Village nella sede di Borsa Italiana a Piazza Affari a Milano (si veda qui il comunicato stampa).

Neprix lavorerà anche per terze parti. Opera in tutta la catena del valore del servicing di Npl corporate, dalla due diligence alla gestione. Al suo interno lavorano 30 persone, coordinate dall’amministratore delegato Andrea Battisti, che in passato ha lanciato Visyo, startup tecnologica attiva nel settore Npl in grado di ridurre al minimo le tempistiche di gestione del credito. Con l’integrazione di Neprix, Illimity sarà attiva in tutti gli ambiti di business della divisione Npl: acquisto di posizioni single name e portafogli Npl corporate, secured e unsecured, senior financing a operatori Npl non bancari e attività di servicing, come previsto dal piano industriale 2018-2023 (si veda altro articolo di BeBeez).

Andrea Clamer, Responsabile della Divisione Npl Investment & Servicing di Illimity, ha commentato: “Con Neprix puntiamo a diventare uno dei player di riferimento nella gestione dei big ticket ad alta complessità operativa, anche per conto di terze parti. In pochi mesi, è stata realizzata una nuova piattaforma di servicing, caratterizzata da una struttura distintiva e innovativa con un team di professionisti altamente qualificati, composto da manager con esperienze diversificate sia nel segmento dei crediti unsecured corporate che in quello secured corporate, da valutatori e gestori real estate e da esperti di crediti leasing”.

Quanto alla partnership commerciale con IT Auction, Clamer ha spiegato: “In IT Auction abbiamo trovato il partner ideale che ci permette di valorizzare in modo efficiente i beni immobili e strumentali a garanzia dei crediti acquistati, massimizzandone il valore commerciale e la trasparenza. La società opera in un mercato molto dinamico e in grande sviluppo, all’interno del quale ha raggiunto un posizionamento unico grazie al suo modello di business distintivo”. IT Auction è un operatore specializzato nella gestione e commercializzazione di beni immobili e strumentali provenienti da procedure concorsuali ed esecuzioni immobiliari. Fondata da Renato Ciccarelli nel 2011 con un portale da 10 mila visitatori l’anno, è passata nel 2019 a 119 dipendenti, 10 portali (6 di publishing, 4 di vendita molto verticali) e 16 milioni di visitatori. Oltre a effettuare custodia e ispezione del bene, crea un pacchetto informativo sul bene in questione, una scheda virtuale e animazione commerciale. Gestisce asset per 1,2 miliardi, di cui 480 mila registrati ai portali e 13.600 gestiti in esclusiva.


Ci sono solo 8 piccole imprese della Liguria su 1.004 che oggi non farebbero scattare alcun segnale di allerta

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Schermata 2019-04-08 alle 07.50.13

Schermata 2019-04-08 alle 07.50.13Da una parte il nuovo Codice sulla crisi d’impresa (dal 16 marzo sono entrate in vigore alcune delle norme, si veda altro articolo di BeBeez) e dall’altra i maggiori obblighi di controllo da parte delle banche dettati da principi dell’AQR (Asset Quality Review), rischiano di produrre una ulteriore stretta creditizia, dall’altra, sebbene entrambi siano ispirati a un maggior controllo e dalla volontà di fare emergere preventivamente lo stato di crisi aziendale.

Lo dimostra il risultato di una serie di simulazioni condotte da Leanus per BeBeez sull’impatto sull’economia reale di quanto previsto dalle norme (si veda qui l’analisi aggregata completa a livello nazionale). I risultati delle simulazioni saranno presentate via via nelle prossime settimane circoscrivendo l’analisi alle singole regioni. Questa settimana ci concentriamo sulla Liguria (qui invece le precedenti analisi su MarchePugliaLazio,  Emilia RomagnaLombardiaPiemonte, Campania e Veneto).

A giudicare dalle evidenze emerse dall’analisi che Leanus ha effettuato su un campione di 1.004 piccole imprese liguri (ricavi compresi tra 2 e 10 milioni di euro) solo 8 imprese non farebbero scattare neanche un segnale di allerta o trigger AQR, obbligandola direttamente o attraverso i propri professionisti a giustificarne le ragioni e a dare sufficienti garanzie sul futuro aziendale. La norma, contrariamente al passato, prevede infatti che gli obblighi coinvolgano anche organi in precedenza esclusi da ogni coinvolgimento preventivo.

Dal punto di visto teorico nulla da eccepire se non fosse che le evidenze empiriche ripotare dalle analisi Leanus di seguito riportate non mostrassero alcuni effetti sul sistema reale altamente rischiosi; infatti le imprese intercettate da almeno un segnale di allarme potrebbero raggiungere o addirittura superare il 90%: infatti, si registrerà un effetto combinato dei diversi sistemi di allerta che, utilizzando logiche differenti, andranno ad intercettare imprese differenti (le imprese intercettare dai sistemi di allerta potranno quindi essere diverse da quelle segnalate dai Trigger AQR e/o dall’INPS, solo per fare alcuni esempi)

In questo caso l’analisi di back testing effettuata sui bilanci di uno o due anni prima delle imprese liguri effettivamente andate in default nel 2018, mostra che il 98% sarebbero state intercettate da almeno un segnale di allerta applicato ai bilanci 2016.

Nella tabella in pagina i dati aggregati di un campione di imprese della Liguria che oggi potrebbero NON essere intercettate da uno o più sistemi di allerta. L’elenco completo dell’analisi slle piccole imprese marchigiane  e i relativi sottogruppi è disponibile su Leanus per gli utenti Premium.

Data la portata dell’impatto sul sistema delle imprese italiane è quindi lecito pensare che non solo sarà più difficile accedere al credito, ma che sarà persino più complesso mantenere un sano rapporto con il sistema bancario e con gli altri interlocutori (Istituti di previdenza, Inps, sindaci, etc).

Le imprese che vorranno continuare a operare nel sistema Italia dovranno allora migliorare i propri conti e per farlo non basterà (e comunque non sarà più possibile) qualche alchimia contabile. Ecco allora che le imprese che avranno bisogno di nuovi capitali dovranno ricorrere a forme di finanziamento alternative e a incrementare le dotazioni patrimoniali.



Antares AZ 1 e Green Arrow vincono i Private Debt Award, per due deal in cui non si sapeva fossero coinvolti

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PD awardAntares AZ I-Azimut Libera Impresa e Green Arrow hanno vinto la seconda edizione del Private Debt Award, promosso da Aifi e Deloitte, con la collaborazione di Economye de Il Sole 24 Ore (si veda qui il comunicato stampa). I premiati sono stati selezionati fra 11 deal conclusi tra il primo agosto 2017 e il 31 dicembre 2018 da una giuria composta da professionisti appartenenti al mondo istituzionale, imprenditoriale e accademico.

In particolare, il fondo Antares AZ I è stato premiato nella categoria Sviluppo (progetti di crescita attraverso l’ingresso in nuovi segmenti, aree geografiche o sviluppando nuovi prodotti e/o tecnologie)  per l’operazione legata al produttore di pasta De Cecco . Antares AZ1 ha infatti sottoscritto interamente il bond non quotato da 4 milioni di euro emesso da De Cecco a fine novembre 2018, contestualmente all’emissione da 21 milioni che è invece stata quotata all’ExtraMot Pro e sottoscritta per metà da Cdp e per l’altra metà da un gruppo di 15 investitori (si veda altro articolo di BeBeez). Che Antares AZ1 avesse sottoscritto il bond da 4 milioni non era mai stato comunicato prima.

Quanto a Green Arrow, è stata premiata per la categoria Lbo/operazioni straordinarie per il deal Nutkao, il gruppo produttore dell’omonima crema alla nocciola spalmabile. Anche in questo caso la partecipazione al deal non era mai stata comunicata prima. Lo scorso luglio, infatti, White Bridge Investments ha comprato il controllo di Nutkao e si è fatta finanziare da Banco Bpm, che ha poi coinvolto successivamente lo stesso fondo White Bridge, il fondo Antares AZ1 e appunto, si è scoperto nei giorni scorsi, anche il fondo Green Arrow Private Debt (si veda altro articolo di BeBeez).

Quest’anno la giuria ha deciso di assegnare anche un premio speciale a Hedge Invest  per l’operazione Wiit, società focalizzata e specializzata nell’erogazione di soluzioni Cloud (si veda altro articolo di BeBeez), e una menzione per October Italia. Quest’ultima ha finanziato con 2 milioni di euro a un tasso del 4,5% Cmd Costruzioni Motori Diesel, azienda attiva nel design e sviluppo di motori endotermici (si veda il report BeBeez sul private debt nel 2018).

Secondo BeBeez Private Data, le società italiane non quotate (o le loro holding estere) hanno emesso circa 8,8 miliardi di euro di obbligazioni, in aumento dai 7 miliardi del 2017, ma è aumentato numero complessivo delle emissioni più piccole, che per valore sono rimaste in linea con il 2017 (i lettori di BeBeez News Premium 12 mesi possono scaricare qui il Report Private Debt 2018 di BeBeez, scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese per 12 mesi). n particolare, in totale si sono contate 125 diverse emissioni, di cui 17 con dimensioni superiori a 100 milioni di euro per un totale di circa 7,9 miliardi di euro (dai 5,74 miliardi del 2017 spalmati su 16 diverse emissioni).  Sempre sul fronte del debito, ma in tema di direct lending, cioè di erogazione diretta di credito alle aziende da parte di soggetti non bancari, anche qui l’attività ha registrato numeri importanti: 753 milioni di euro da piattaforme fintech, di cui quasi 62 milioni da piattaforme fintech estere, e 6 milioni da fondi di private debt attivi anche sul lending.


Crediti deteriorati, le banche ne hanno ancora 188 mld, mentre gli investitori hanno già comprato 202 mld

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npe tot

Schermata 2019-04-08 alle 06.39.47
npe totI crediti deteriorati (Non performing exposure o NPE) nei portafogli delle banche italiane si sono ridotti dai 341 miliardi di euro a fine 2015 a circa 180 miliardi a fine 2018. Tuttavia questi crediti non sono evidentemente scomparsi. A oggi, infatti, ci sono oltre 200 miliardi di euro di deteriorati nei portafogli degli investitori.

Lo ha calcolato PwC, con Pier Paolo Masenza, Financial Services Leader di PwC, e Alessandro Biondi, co-head of Npl and distressed assets PwC, che hanno presentato i dati venerdì scorso in occasione dell’evento NPE R-Evolution organizzato da Credit Village nella sede di Borsa Italiana a Piazza Affari a Milano (si veda qui la presentazione di Masenza e qui la presentazione di Biondi).

Più nel dettaglio, secondo PwC, a oggi gli NPE  in Italia sono 390 miliardi di euro, considerando i 188 miliardi nei bilanci delle banche (di cui 105 miliardi sofferenze e 83 miliardi UTP) e i 202 miliardi in portafoglio agli investitori.

Secondo Masenza, il 2019 potrebbe essere una nuova era per il mercato NPE italiano, alla luce del rinnovo della Gacs, dei multi-origination deal, che permettono alle banche meno importanti di vendere portafogli crediti in modo efficace, del consolidamento del mercato del servicer e delle possibili transazioni di UTP.

Alessandro Biondi ha sottolineato, invece, che il mercato del servicing sta  acquisendo masse in gestione sempre maggiori: i servicer sono infatti passati a gestire dai 121 miliardi di euro del primo semestre 2016 ai  171 miliardi dello stesso periodo del 2018, con un tasso di crescita medio annuo del 19%. Le leve per l’espansione futura dei servicer sono l’espansione verso esposizioni ipotecarie, l’ingresso nel mercato UTP e performing, crescita del sub-servicing, espansione geografica, ampliamento dell’offerta e integrazione verticale.


I manager di White Bridge Investments lanciano White Bridge Investments II

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Marco Pinciroli  di White Bridge Investments
Marco Pinciroli di White Bridge Investments

Marco Pinciroli  presidente                                   di White Bridge Investments II

Stefano Devescovi (ex banker Lehman e Nomura, fondatore di Terra Nova advisers) e Marco Pinciroli (cofondatore di Innogest sgr) hanno fondato a fine 2018 la White Bridge Investments II spa, ma la notizia è trapelata solo nei giorni scorsi (si veda Private Capital Today).

La nuova società ha comprato immobilizzazioni materiali e dipendenti di White Bridge Investments spa, il primo veicolo di investimento lanciato dai tre manager nel 2013, e presieduto da Corsini, e ne è quindi evidentemente la naturale prosecuzione, anche se White Bridge II, a differenza del veicolo originale, farà anche consulenza aziendale. Pinciroli è presidente e al momento a libro soci oltre ai manager (Pinciroli con la sua MP Holding ha il 40% e De Vesovi con la sua SCMM srl ha il 20%) risulta come azionista al 40% la SRM Holding srl controllata da Stefano Miccinelli (ex Investitori Associati). Ma non è detto che altri azionisti non arrivino in una fase successiva.

Il primo veicolo White Bridge Investments, che era presieduto da Clemente Corsini (esponente della nota famiglia nobile e investitore in proprio) aveva infatti raccolto capitali da grandi nomi della finanza e dell’imprenditoria italiana e internazionale, come l’avvocato Sergio Erede, gli ex partner di BC Partners Francesco Loredan, Antonio Belloni e Michel Guillet, l’ex Bain&Co Marco Costaguta (promotore delle Spac Innova Italy e Innova Italy Partners), l’ex McKinsey Rolando Polli (partner di Ambienta sgr), Giovanni Cavallini (ex ceo di Interpump e promotore delle Spac della serie Industrial Stars of Italy), gli eredi Fossati (ex imprenditori della Star), la Dolomiti Pe (fondata da gestori di Pictet), la Fargo investments (il veicolo di investimento di Ronald Spogli, ex ambasciatore Usa a Roma quando era presidente George Bush).

Nel luglio 2014 ha rilevato la software house Tagetik (si veda altro articolo di BeBeez), che ha poi ceduto alla multinazionale olandese Wolters Kluwer nel marzo 2017 (si veda altro articolo di BeBeez). Nel 2015 White Bridge ha acquistato la maggioranza di Campus, azienda parmigiana leader internazionale nello sviluppo e nella produzione di ingredienti innovativi per l’industria alimentare (si veda altro articolo di BeBeez), poi ceduta nell’agosto scorso agli svizzeri di Firmenich (si veda altro articolo di BeBeez). Nel 2016 ha comprato il controllo della catena di hamburgherie Foodelicious e nel 2017 ha portato la partecipazione a oltre il 67% (lo si legge nel bilancio 2017 di White Bridge). Nel febbraio 2017 White Bridge ha comprato la minoranza di Ancorotti Cosmetici, azienda cremonese del settore make-up per conto terzi (si veda altro articolo di BeBeez), a settembre 2017 ha investito in Nutrilinea, uno dei leader del mercato degli integratori alimentari  (si veda altro articolo di BeBeez) e nell’ottobre 2017 è entrata nel capitale di QC Terme (si veda altro articolo di BeBeez). Infine, nel luglio scorso ha rilevato il controllo di Nutkao, azienda piemontese che produce creme spalmabili alla nocciola e cacao e semilavorati per l’industria dolciaria (si veda altro articolo di BeBeez).

Attualmente White Bridge è uno degli investitori in gara per rilevare la maggioranza di Bisio Progetti, azienda di Alessandria appartenente al gruppo Guala e attiva nella costruzione di stampi, stampaggio e lavorazione plastica per conto terzi. Il prezzo potrebbe aggirarsi attorno a 150 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). 

(Articolo modificato alle ore 08:40 dell’8 aprile 2019, si precisano le quote di controllo dei soci di White Bridge Investments II)


Berlino davanti a un referendum per nazionalizzare le proprietà residenziali. Urban Logistics fa trading sulle proprietà di logistica.

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berlinoBerlino, che si caratterizza per essere sede di uno dei mercati immobiliari più regolamentati del mondo, con notevoli protezioni per gli inquilini, sta prendendo in considerazione un passo ancora più radicale: la nazionalizzazione. Si veda qui Bloomberg. Sabato scorso è iniziata la raccolta delle firme necessarie per convocare un referendum cittadino nella capitale tedesca, il cui scopo è quello di nazionalizzare le proprietà residenziali di proprietà dei grandi proprietari terrieri. L’obiettivo principale, Deutsche Wohnen, è una delle più grandi società immobiliari europee con 116.000 unità a Berlino. I promotori dell'”Expropriate Deutsche Wohnen & Co.” fanno affidamento sull’articolo 15 della Costituzione tedesca, che però, ad oggi, non è mai stato applicato. Tale articolo recita che “terreni, risorse naturali e mezzi di produzione” possono essere trasferiti alla proprietà pubblica “ai fini della socializzazione” a condizione che venga corrisposto un risarcimento adeguato ai proprietari. La tesi dei promotori è che i grandi proprietari stanno aumentando gli affitti e, a causa del loro potere di mercato rendendo l’affitto inaccessibile per la stragrande maggioranza dei cittadini di Berlino. Il movimento di nazionalizzazione è iniziato lo scorso anno, quando i residenti di 680 appartamenti in affitto su Karl Marx Allee hanno appreso che i loro appartamenti sarebbero stati venduti alla Deutsche Wohnen. Karl Marx Allee è una strada importante nell’est di Berlino che assomiglia molto alle strade moscovite: un’imponente fila di edifici Barocchi stalinisti del secondo dopoguerra (L’architettura stalinista, a volte chiamata classicismo socialista o stile impero stalinista, era uno stile di architettura utilizzato nella costruzione di edifici durante il regno di Josef Stalin nell’Unione Sovietica. L’architettura stalinista era particolarmente concentrata a Mosca ed era associata al movimento artistico del realismo socialista. I principali progetti sono stati commissionati dal governo, come l’edificio principale dell’Università di Mosca. L’era di questa forma di architettura è durata solo fino al regno di Josef Stalin, dal 1933 al 1955. Stalin ha usato questo periodo come un momento per la sperimentazione architettonica, nel tentativo di commissionare alcuni dei progetti più ambiziosi del suo regno. Ha cercato di imporre i suoi gusti e le sue preferenze ai sovietici. Preferiva grattacieli imponenti che consolidassero una forte immagine dell’Unione Sovietica. Il periodo dell’architettura stalinista si rivelò di grande successo, mentre allo stesso tempo alcuni dei progetti culminarono nel fallimento. Si veda qui worldatlas).  È centrale e attraente, e gli abitanti hanno saputo che la Deutsche Wohnen avrebbe cercato di forzarli, nonostante i forti programmi di stabilizzazione degli affitti di Berlino e le leggi sulla protezione degli inquilini che rendono estremamente difficile cacciare un inquilino che non è in arretrato. Un appartamento in affitto può valere circa il 30 percento in meno di uno senza un contratto di locazione. Ecco che gli inquilini di Karl Marx Allee hanno tenuto raduni e appeso poster fuori dalle loro finestre. La campagna altamente visibile ha suscitato simpatia nella città, dove l’85% dei residenti affitta la propria abitazione e dove la mediana che chiede affitto per i nuovi inquilini è aumentata del 54% dal 2011. Deutsche Wohnen nega che stia cercando di cacciare gli inquilini. Nel bando dei guadagni del 2018 il 26 marzo, il Chief Financial Officer Philip Grosse ha sottolineato che mentre gli affitti per le proprietà di Berlino della società sono aumentati del 3,6% nel 2018, gli inquilini esistenti hanno visto solo un aumento dell’1,4%. “Questo è persino al di sotto del tasso di inflazione e, a mio avviso, mostra quanto sia irrazionale il dibattito politico in Germania in questi giorni”, ha detto Grosse, sottolineando che l’inquilino medio di Berlino spende solo il 22% del reddito netto disponibile in affitto – più basso che in molte grandi città.

 

Urban LogisticsUrban Logistics, un REIT industriale e logistico specializzato nel Regno Unito, ha registrato un profitto del 21 percento sulla vendita di 8,1 milioni di sterline di un magazzino di 130.308 piedi quadrati (circa 12.100 mq) acquistato da Nuneaton nel settembre 2017. Si veda propertyfundsworld. Il nuovo proprietario-occupante dell’edificio è Cofresh, la compagnia indiana di snack. La società ha inoltre acquistato un magazzino di 26.478 piedi quadrati (2.460 mq circa) a Thatcham per 3,4 milioni di sterline, leasing della struttura per cinque anni a DHL’s UK Mail, che lo utilizza come hub strategico dell’ultimo miglio e una parte fondamentale della sua rete di distribuzione. Il prezzo di acquisto rappresenta un rendimento iniziale netto del 5,9% con potenziale di circa il 7,0% capitalizzando sull’attuale 7,97 sterline per piede quadrato, determinato dall’aumento della domanda di asset di distribuzione a servizio di Reading, Henley e Newbury.


La russa Magnit scende in campo per i supermercati Lenta. Softbank cerca altri 15 mld $ per il suo Vision fund

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lentaLa catena di supermercati russa Magnit ha fatto una proposta non vincolante, che si aggirerebbe intorno ai 1,78 miliardi di dollari, per acquisire Lenta, una catena concorrente più piccola, controllat dal fondo di private equity americano TPG e dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), superando così l’offerta precedente del magnate dell’acciaio russo Alexey Mordashov. L’arrivo di un secondo potenziale offerente per Lenta accende la tenzone per aggiudicarsi il terzo più grande rivenditore di generi alimentari in Russia, tutto questo a fronte di un calo generalizzato delle quotazioni degli attori del settore durante l’ultimo anno (si veda qui Reuters). Magnit ha inviato la sua proposta a Lenta il 1° aprile, lo stesso giorno in cui TPG e BERS hanno deciso di vendere la loro quota del 42% in Lenta a Mordashov. Lenta in una sua dichiarazione rilasciata venerdì ha detto che la proposta di Magnit riguarda il 100% del capitale della società a 3,65 dollari per global depository receipt (GDR). L’offerta di Alexey Mordashov, che con la sua holding Severgroup controlla il gruppo siderurgico Severstal, aveva avanzato una proposta per acquisire il 42% di TPG e EBRD a 3,6 dollari per azione seguita da un’opa allo stesso prezzo sul rimanente capitale sul mercato. Severgroup non ha voluto commentare. Il suo accordo con TPG e con la EBRD è vincolante e dovrebbe essere approvato dall’antitrust russo entro la fine di maggio. Gli azionisti restanti sono liberi di vendere le loro azioni a chiunque vogliano e Mordashov potrebbe teoricamente rivendere a Magnit. I GDR quotati a Londra di Lenta hanno guadagnato l’1,3% a 3,58 dollari. Lenta, con una quota del 3,2% sul mercato al dettaglio russo, potrebbe aiutare a rafforzare la leadership di mercato di Magnit, mentre per Mordashov aggiungerebbe una catena fisica al suo business di Utkonos, il più grande rivenditore di generi alimentari online in Russia, ha detto a Reuters una fonte industriale.

 

Vision FundNon bastano 100 miliardi di dollari a SoftBank. Il conglomerato giapponese, che ha ridisegnato il panorama delle startup tecnologiche con il suo Vision Fund sostenuto dai sauditi, è in trattativa con gli investitori per aggiungere fino a 15 miliardi di dollari in più al suo fondo già molto grande. In circa due anni, il Vision Fund ha investito oltre 70 miliardi di dollari in società tecnologiche (si veda qui Bloomberg). SoftBank vuole mantenere il ritmo del periodo appena trascorso, avendo abbastanza fieno in cascina per continuare ad acquistare azioni di società che attualmente già sostiene. In seguito, si prevede il lancio di un secondo Vision Fund. SoftBank ha soppesato una varietà di soluzioni per incrementare la potenmza di fuoco del fondo originale Vision. Le proposte includerebbero un aumento delle sottoscrizioni, la richiesta agli investitori di rinunciare ai loro diritti per il rimborso del debito o l’assunzione di ulteriori prestiti bancari.

 


Nuovo giro di buyout per DOC Generici, ICG compra il gruppo da CVC. Deal da 1,1 mld euro

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docgenericiIntermediate Capital Group (ICG) acquisirà il gruppo farmaceutico italiano Doc Generici sinora in portafoglio a CVC Capital. Lo ha annunciata questa mattina ICG (si veda qui il comunicato stampa), confermando quanto scritto Bloomberg nei giorni scorsi, e aggiungendo il dettaglio che l’acquisizione sarà condotta con il coinvestimento del fondo Mérieux Equity Partners, al suo primo deal in Italia, e che per ICG l’acquisto sarà fatto dall‘ICG Europe VII fund.

Il pool di banche finanziatrici comprenderebbe Unicredit, Bnp Paribas, Credit Agricole e Barclays. Advisor finanziario di ICG è stato Barclays.  mentre advisor legali sono stati Gattai Minoli Agostinelli e Latham Walkins. White&Case ha assistito invece sul piano legale Mérieux, Infine CVC è stato assistito da Legance sul piano legale e da Facchini Rossi & soci a su quello fiscale.

L’operazione vale 1,1 miliardi di euro, considerando che il 2018 ha visto i ricavi superare i 200 milioni di euro dai circa 180 milioni del 2017, quando il gruppo aveva raggiunto i 67,7 milioni di ebitda con un debito finanziario netto di 266 milioni (si veda qui l’analisi Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).

Per DOC Generici si tratta del terzo giro tra fondi di private equity. CVC aveva infatti acquistato il controllo della società specializzata nella produzione di farmaci generici da fondo britannico Charterhouse (si veda altro articolo di BeBeez). In quell’occasione Doc Generici è stato valutato 650-680 milioni di euro sulla base di un fatturato consolidato 2015 di circa 180 milioni e un ebitda di 61 milioni. A finanziare il buyout erano  state Unicredit e Hsbc.

Charterhouse a sua volta aveva acquistato il controllo di DOC Generici nel 2013 da ApotexChiesi Farmaceutici e Zambon. per una valutazione allora di 7-8 volte l’ebitda, per un valore compreso tra 320 e 340 milioni, sulla base di un fatturato 2012 di Doc Generici di 131,8 milioni e un ebitda di 43 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). Nella vendita Chartehouse aveva casa un Irr di ben il 40% o 2,7 volte il capitale investito.

 (Articolo modificato alle 10.15 dell’8 aprile 2019, si aggiungono dettagli e il comunicato stampa diffuso dopo la pubblicazione della prima versione dell’articolo)

Keys Reim compra l’albergo Domus Romana a Roma

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hotel-domus-romanus-09Keys Reim ha acquisito l’albergo a  4  stelle Domus  Romana, in Via delle Quattro Fontane 113 a Roma, per conto del suo fondo di investimento alternativo immobiliare chiuso Keys Italia. A vendere è stata Domus Romana srl, società che gestisce l’albergo, assistita dall’Avv. Giovanni Parmegiani. L’acquirente è stato assistito da REAAS e da Legance. Gli aspetti notarili dell’operazione sono stati seguiti dallo Studio Notarile Associato Misurale-Quaglia. L’intermediazione dell’operazione è stata curata da Massimo Meliadò.

Ricavato da un antico monastero, l’hotel Domus Romana sorge nel cuore del centro storico di Roma, nei pressi della stazione Termini, tra piazza Barberini e via Nazionale. Domus Romana srl, costituita nel 1997, ha chiuso gli ultimi 2 anni con perdite pari rispettivamente a 142 mila e 338 mila euro, con ricavi stabili a 660 mila euro e debiti per 94 mila euro nel 2017 (si veda qui l’analisi Leanus, una volta registrati gratuitamente).

Keys Reim è la società di gestione che fa capo a Keys Asset Management Group, gruppo francese specializzato nell’acquisizione, ristrutturazione, sviluppo e gestione del patrimonio immobiliare.



Generali Real Estate compra il palazzo uffici Piękna 2.0 a Varsavia, sede della Consob polacca

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PieknaGenerali Real Estate, per conto del suo fondo Generali Europe Investments Holding, ha acquisito Piękna 2.0, un importante edificio per uffici a Varsavia (si veda qui il comunicato stampa). A vendere è stato un fondo di investimento in gestione a Griffin Real Estate. Generali Real Estate si è avvalsa della consulenza di JLL, White&Case, PWC, Baker McKenzie e Gleeds.

Piękna 2.0 è un edificio di 8 piani che occupa 15.800 metri quadrati con uffici , integrati da unità commerciali al piano terra. Costruito all’inizio degli anni 2000, è stato recentemente sottoposto a una profonda ristrutturazione e attualmente il maggiore inquilino è l’Autorità polacca di vigilanza finanziaria (KNF). E’ situato trova nel cuore di Varsavia, in via Piękna, vicino alla Piazza della Costituzione, al Parlamento polacco, a molte ambasciate e palazzi governativi, ed è ben servito dai mezzi pubblici.

L’acquisizione è in linea con la strategia di Generali Real Estate di investire nelle principali città europee, con particolare attenzione alle attività di prime office, high street retail e retail. Il nuovo immobile inoltre arricchisce ulteriormente il portafoglio gestito di Generali Real Estate nella capitale polacca, che comprende, tra gli altri, l’edificio KroLEWska dal luglio 2017  (si veda altro articolo di BeBeez), Senatorska 18 (si veda altro articolo di BeBeez) e Plac Małachowskiego dal novembre scorso (si veda altro articolo di BeBeez).

Generali Real Estate spa è una delle principali società di gestione immobiliare a livello mondiale, che vanta circa 30 miliardi di euro di asset under management a fine 2018 e fa capo al Gruppo Generali. Generali Real Estate è il 12mo investitore di real estate a livello mondiale secondo la classifica stilata stilata dalla rivista internazionale specializzata IPE Real Assets (si veda altro articolo di BeBeez). Generali Real Estate gestisce attualmente un portafoglio di circa un miliardo di euro nell’Europa centrale e dell’est.


BioVelocITA e Trentino Invest entrano nella startup che cura le malattie genetiche Alia Therapeutics

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Gabriella Camboni_AD di BiovelocITA
Gabriella Camboni_AD di BiovelocITA

Gabriella Camboni

L’acceleratore italiano per il red biotech BiovelocITA e la società di investimento mista pubblico-privato Trentino Invest sono entrati nel capitale della startup trentina per la cura delle malattie genetiche Alia Therapeutics srl, apportando  un finanziamento seed totale di 1,3 milioni di euro (si veda qui il comunicato stampa).

Del totale dei capitali, 1,1 milioni di euro provengono dall’acceleratore e 250 mila euro da Trentino Invest, che è una joint-venture di operatori finanziari trentini che conduce investimenti in società ad alto potenziale di crescita in Trentino-Alto Adige (partecipata da La Finanziaria Trentina, Istituto Atesino di Sviluppo, Fincoop e Trentino Sviluppo). Contestualmente, Alia Therapeutics ha acquisito il controllo di tre brevetti generati al Cibio, il Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata dell’Università di Trento, di cui è uno spin-off.

Alia Therapeutics è la prima startup italiana attiva nella cura delle malattie genetiche tramite le tecnologie di editing genomico, nata da uno spin-off del Cibio. I fondatori di Alia hanno scoperto una nuova classe di “forbici” del DNA di assoluta precisione, le evoCas9. La pubblicazione di questa scoperta nel gennaio 2018 su Nature Biotechnology portò a un rialzo delle quotazioni delle biotech del settore. Oltre a queste nuove tecnologie, Alia ha anche studiato e sviluppato nuovi sistemi di delivery e validato le sue molecole in modelli sperimentali. Inoltre, ha una licenza non esclusiva sul brevetto che rivendica le evoCas9 che condivide con Intellia Pharmaceuticals, uno dei giganti USA del settore.

“Grazie ai nostri studi, l’editing genomico può diventare adulto e l’interesse per questa tecnologia è globale. Il nostro obiettivo era di trattenerla il più possibile attraendo capitali e competenze. Grazie a BiovelocITA e Trentino Invest ci siamo riusciti: la nostra start-up adesso può decollare”, ha commentato Anna Cereseto, cofondatrice e leader scientifico di Alia Therapeutics e responsabile del laboratorio Cibio dell’Università di Trento.

“In Italia la ricerca di base contro le malattie genetiche è all’avanguardia e BiovelocITA ha un forte interesse strategico nel settore. Al Cibio lavorano ricercatori al vertice a livello mondiale che hanno sviluppato tecnologie innovative e proprietarie che possono avere un vasto campo di applicazione in diverse patologie. È sulla base di queste considerazioni che BiovelocITA ha deciso di puntare sullo sviluppo di Alia Therapeutics”, ha detto Gabriella Camboni, amministratore delegato di BiovelocITA.

BiovelocITA si propone di supportare la nascita e lo sviluppo di aziende biotech innovative in tutte le aree terapeutiche. E’ stata fondata da Sofinnova Partners Silvano Spinelli e appunto Gabriella Camboni. I due manager sono molto noti nel settore, visto che sono stati i fondatori di EOS, società venduta nel 2013 a Clovis Oncology per 470 milioni di dollari (si veda altro articolo di BeBeez) e, precedentemente, di Novuspharma, quotata sul Nuovo Mercato nel 2000 e poi venduta a Cell Therapeutics. Sofinnova Partners aveva investito in entrambe le società fin dai loro esordi. Spinelli, presidente di BiovelocITA, dal marzo 2018 è anche venture partner di Sofinnova Partners (si veda altro articolo di BeBeez).

A fine novembre 2018 l’acceleratore ha investito 680 mila euro per il 50% del capitale di  Amypopharma, startup dell’area della biochimica e della nanomedicina, spin-off dell’Università di Milano-Bicocca  (si veda altro articolo di BeBeez) e nel marzo scorso ha finanziato due nuovi importanti studi scientifici in campo medico per 1,9 milioni di euro complessivi (si veda altro articolo di BeBeez).


Il gestore di crediti polacco Kruk entra nel business degli Npl corporate italiani. Lo guiderà Eleonora Lagonigro

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krukIl gestore di crediti polacco Kruk, attivo in Italia dalla fine del 2015, allarga l’attività all’acquisto di portafogli di Npl corporate. Laresponsabile del nuovo business è Eleonora Lagonigro, nominata Corporate Receivables Director di Kruk Italia (si veda qui il comunicato stampa).

Lagonigro ha oltre 20 anni di esperienza nell’acquisizione e nella gestione di crediti Npl secured e unscured, maturata dapprima in Prelios Credit Servicing e successivamente in boutique del settore finanziario specializzate in distressed asset.

“Dal settore retail unsecured, siamo pronti a investire in portafogli corporate, anche in ambito secured. Senza dimenticare la nostra divisione servicing, in grado di gestire anche portafogli per conto terzi attraverso la società Agecredit acquisita nel 2018”, ha spiegato Tomasz Kurr, General Director di Kruk Italia. L’entrata nel business degli Npl corporate si inserisce nel programma di continua espansione della multinazionale polacca in Italia, che, dal suo ingresso nel nostro paese ha acquisito 18 portafogli di crediti Npl con un valore nominale complessivo di circa 3,4 miliardi di euro e gestisce direttamente circa 433 mila posizioni.

Kruk è nata a Breslavia nel 1998 ed è quotata alla Borsa di Varsavia. E’ composta da 14 società presenti in 7 paesi e impiega oltre 3.000 persone, di cui circa 300 in Italia, sparsi tra Milano e la sede di La Spezia. Kruk è leader nella gestione del credito in Europa centrale, con una quota di mercato del 21% in Polonia e del 38% in Romania.

Nell’aprile 2018 ha comprato Agecredit srl, società di recupero crediti con sede a Cesena fondata nel 1994 dall’imprenditore Marco Pasini, che è stato presidente di Unirec, l’associazione di categoria delle società di recupero crediti (si veda altro articolo di BeBeez). A fine 2017 Kruk aveva circa 17 miliardi in gestione e 6 milioni di clienti. L’ultima operazione annunciata riguardante l’Italia risale al  settembre scorso, quando ha acquistato un portafoglio di crediti unsecured da 300 milioni da Findomestic (si veda altro articolo di BeBeez).




Il marchio di moda N°21 cerca un nuovo socio

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n21N°21, la griffe di moda dello stilista napoletano Alessandro Dell’Acqua, è alla ricerca di nuovi soci. Lo riferisce Il Sole 24 Ore, secondo cui l’azienda avrebbe dato a Ubi Banca il mandato di trovare un investitore di minoranza, disposto a entrare in società con una quota attorno al 30% per supportarne lo sviluppo internazionale. La griffe, peraltro, avrebbe già ricevuto le avance di vari fondi nel corso dell’ultimo anno.

N°21 è stata fondata nel 2010 da Dell’Acqua, che ha esordito a soli 23 anni come direttore creativo di Genny e ha poi collaborato per numerosi marchi quali Pietro Pianforini, La Perla, Brioni, Malo e Les Copains. Nel 2013 è stato nominato direttore creativo di Rochas e nel 2014 ha lanciato la linea N°21 uomo. Ha inoltre avviato una collaborazione con Tod’s nel settembre scorso.  L’azienda è arrivata in pochi anni a un giro d’affari attorno ai 60 milioni di euro grazie a una crescita importante, soprattutto sui mercati internazionali.


Paolo Basilico cede la guida di Kairos a Fabio Bariletti

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Fabio Bariletti e Paolo Basilico

Giro di poltrone in Kairos: esce il fondatore e amministratore delegato Paolo Basilico, che cede il posto a Fabio Bariletti. Quest’ultimo è il nuovo ceo di Kairos Investment Management spa e di Kairos Partners sgr. Lo ha annunciato ieri mattina Julius Baer, la banca svizzera che controlla l’asset manager italiano (si veda qui il comunicato stampa). “Bariletti è stato designato come mio successore da tempo. Abbiamo costruito un business solido e unico, che lascio in mani capaci. La scelta di fare un passo indietro non è stata una decisione facile, ma credo che il timing sia giusto per me personalmente e per la società” ha commentato Basilico, che resterà advisor del gruppo.

Bariletti, la cui nomina sarà operativa dal prossimo 16 aprile, è attualmente amministratore delegato della branch londinese di Kairos, specializzata in fondi alternativi single e multimanager. Lavora in Kairos dal 2000, prima come responsabile dell’attività multimanager, poi come direttore generale e infine come responsabile di Kairos Investment Management Limited, la filiale londinese del gruppo. In precedenza, ha lavorato per Citco Fund Advisors a New York come responsabile dell’attività di ricerca e gestione del business multimanager.

Kairos gestisce fondi di investimento aperti dedicati a strumenti finanziari quotati, ma in origine aveva anche un’attività di private equity. I responsabili dell’attività di private equity, Antonio Glorioso e Stefano Iamoni, nel 2005 hanno poi fondato Consilium sgr, che nel luglio 2006 ha rilevato la gestione di  Kairos Partners Private Equity Fund, poi liquidato nel 2011 (si veda altro articolo di BeBeez).

Da allora, però, Kairos ha saltuariamente comunque condotto investimenti di private capital e in Spac. In particolare, poi, nel 2016 Kairos Investment Management ha comprato il 5% di U-Start, la società di advisory che facilita il matching tra società dei settori tech e digital e investitori a livello internazionale, che ha costituito U-Start Advisors sim, con l’obiettivo di permettere ai clienti di Kairos di entrare nello U-Start Club, il club di investitori privati associati a U-Start. L’accordo prevedeva che Kairos potesse incrementare la sua quota sino al 30% (si veda altro articolo di BeBeez).

Sempre nell’ottica di avvicinare i clienti al private capital, Kairos si prepara anche a lanciare il suo primo Eltif, che investirà in azioni e obbligazioni di small e micro cap del mercato italiano, non quotate, quotande e quotate, con una capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).

Intanto è in corso l’asta per la vendita di Kairos sgr. Tra i potenziali pretendenti a cui l’advisor Goldman Sachs avrebbe inviato il teaser si dice ci siano Mediobanca Lombard Odier, ma ovviamente il dossier ha risvegliato l’interesse di molti fondi  di private equity con focus sui servizi finanziari (si veda altro articolo di BeBeez).  Kairos sgr, che ha masse in gestione per oltre 11 miliardi di euro, fa gola a fondi del calibro di Apax Partners, Centerbridge, Altas Merchant, JC Flowers, Hellman&Friedman, TA Associates e Oak Tree. La sgr potrebbe essere valutata sino a 500 milioni di euro, sulla base del valore dell’ultima operazione condotta da Julius Bär: a inizio gennaio 2018 il gruppo svizzero aveva acquisito il restante 20% dell’sgr che ancora non possedeva, pagando 96 milioni di euro. Julius Bär aveva inizialmente acquistato il 19,9% di Kairos nel 2013 ed era poi salito all’80% nel 2016. Si dice però che in realtà il prezzo richiesto oggi si aggiri più attorno ai 400 milioni.


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